Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ― o Recovery Plan che dir si voglia ― ha iniziato il suo tour sui tavoli di Bruxelles. Va dato atto dell’impegno del Governo Draghi nell’essere riuscito ad allestire, in poco più di due mesi, un documento di questa imponenza che, se validato dall’Europa, segnerà la vita del nostro Paese almeno per il prossimo decennio. Soltanto il tempo dirà quali dei progetti previsti nel PNRR si tradurranno in realtà. Si spera che lo siano tutti, anche per incassare i 191,5 miliardi assegnatici dall’Europa nell’ambito del Next Generation EU.
E’ appena il caso di ricordare ancora una volta che i 191 miliardi arriveranno soltanto se si attueranno i progetti. Sembra infatti ancora troppo diffusa l’opinione che l’Europa ci darà i soldi comunque, mentre le direttive europee dicono chiaramente che i soldi saranno versati gradualmente, in base agli stati di avanzamento dei lavori di ciascun intervento. I tempi sono abbastanza ristretti (scadenza 2026), e non si vorrebbe che le vischiosità operative spesso presenti in Italia, ritardando lo sviluppo dei lavori di cambiamento, determinassero perdite di contributi (e di credibilità del Paese).
Tra le riforme da attuare nell’ambito del PNRR c’è quella della Pubblica Amministrazione (PA). Il Ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta l’ha definita la “madre delle riforme” poiché dalla sua attuazione dipenderà una parte considerevole del buon esito delle altre. E non c’è dubbio: soltanto se funziona, efficacemente, la macchina pubblica, tutta la restante parte del PNRR e ogni altro intervento potranno conseguire i risultati positivi necessari per rimettere in carreggiata l’Italia, ulteriormente indebolita dalla pandemia.
Il PNRR struttura la Riforma della PA sulla base di quattro assi principali:
- accesso, per snellire e rendere più efficaci e mirate le procedure di selezione e favorire il ricambio generazionale;
- buona amministrazione, per semplificare norme e procedure;
- competenze, per allineare conoscenze e capacità organizzative alle nuove esigenze del mondo del lavoro e di una amministrazione moderna;
- digitalizzazione, quale strumento trasversale per meglio realizzare queste riforme.
Per ciascuno di questi assi, si indicano le azioni che s’intendono compiere per la loro attuazione. In particolare, per quanto concerne accesso e competenze, si muove dalla considerazione che la PA deve tornare ad essere attrattiva per i migliori giovani talenti. Per reclutarli, si ipotizzano procedimenti più snelli volti a valorizzare, nella selezione, non soltanto le conoscenze ma anche, e soprattutto, le competenze. Inoltre, pur rimanendo il concorso la modalità ordinaria per l’accesso all’impiego pubblico, si pensa ad altri percorsi di reclutamento per inserire nelle amministrazioni, con percorsi rapidi affiancati da una formazione ad hoc, alti profili, cioè giovani dotati di elevate qualifiche quali dottorati, master, esperienze internazionali.
Analoghi, rapidi metodi sono previsti per la selezione di soggetti destinati a costituire pool di esperti multidisciplinari per il supporto tecnico alle Amministrazioni centrali e locali. Le competenze e conoscenze del personale reclutato possono essere consolidate attraverso percorsi ad hoc che consentano di costruire, strutturalmente, capacità tecnica e amministrativa.
In sintesi, si tenderà ad incrementare la cultura tecnico-gestionale “con misure che stimolino l’adozione di un approccio consapevole e proattivo alla transizione digitale, privilegino il raggiungimento di risultati e facciano leva sull’etica e sullo spirito di missione dei civil servant”. Per le figure dirigenziali, si prevede la creazione di specifiche Learning Communities tematiche per la condivisione di best practices e la risoluzione di casi concreti di amministrazione.
Prendendo atto di tutte queste innovazioni, il programma del PNRR per il rinnovamento del quadro dell’impiego pubblico non può che essere totalmente condiviso e auspicato.
Tuttavia, si deve ricordare che questo quadro è attualmente retto dalle norme del d.lgs. 165/2001: “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, che il PNRR non dice di voler modificare. L’art. 4 del decreto stabilisce la cosiddetta “separazione dei poteri”. Gli organi di governo― cioè la parte politica elettiva ― esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo obiettivi e programmi da attuare, e adottano gli atti necessari all’esercizio di queste funzioni (interpretazioni di leggi, definizione di obiettivi, piani e programmi per l’azione amministrativa e la gestione, individuazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da destinare alle diverse finalità) e verificano i risultati dell’attività amministrativa e della gestione. Ai dirigenti spetta l’adozione degli atti amministrativi, nonché la gestione tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa e di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo.
Tenendo conto delle norme del decreto 165, la domanda è: tutto il personale di alto profilo, i pool di esperti multidisciplinari, i dirigenti delle Learning Communities apparterranno al primo o al secondo gruppo di soggetti prefigurati del citato art. 4? La risposta non presenta dubbi: ovviamente, al secondo gruppo, sebbene con posizioni differenziate di stato giuridico. Quindi, si cercano alte specializzazioni e competenze per l’amministrazione e gestione della PA, ma le stesse specializzazioni e competenze non si richiedono a coloro che fanno parte del primo gruppo. Per essere chiari, chi governa, fa i programmi e poi controlla i risultati conseguiti può anche non possedere alcuna professionalità specifica. Ciononostante, esercitando le proprie funzioni, condiziona l’attività delle alte professionalità che si vorrebbero presenti in servizio.
Sebbene consapevoli di tutte le considerazioni demolitrici che potrebbero essere fatte a queste annotazioni, riteniamo che, se le norme continueranno ad essere quelle che conosciamo, sarà molto problematico ottenere ciò che viene descritto nel PNRR in materia di ricostituzione dei lavoratori della PA. E ciò che è avvenuto e avviene nonostante la “separazione dei poteri” non è esaltante.
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