Dalla lettura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, più conosciuto come Recovery Plan, balza agli occhi un aspetto su cui nessuno, al momento, sembra soffermarsi benché sia stato uno dei fattori determinati -in senso negativo- del percorso pandemico, ossia la modifica del Titolo V della Costituzione che ripartisce i poteri e le funzioni tra lo Stato e le Regioni.
La diversità di regole che hanno caratterizzato l’apertura/chiusura (in modo schizofrenico) delle scuole, la diversa predisposizione di strutture COVID per non parlare dell’organizzazione (decisamente a macchia di leopardo) della campagna vaccinale, è figlia di quella «legislazione concorrente» tra Stato e Regioni introdotta dalla modifica costituzionale dell’ottobre 2001.
Un caos normativo/istituzionale che ha condizionato (con ricorsi e controricorsi) e sta condizionando moltissimi ambiti: dalla sanità -tanto per ricordarne qualcuno- al governo del territorio, all’istruzione, alla sicurezza sul lavoro, all’ordinamento sportivo al settore culturale. Tutti settori determinanti per la buona riuscita del PNRR.
Una Babele che tutti -almeno a parole- biasimano ma che pochi sembrano voler, davvero, cambiare. Chi lo ha tentato -nell’ordine: Silvio Berlusconi e Matteo Renzi- ha dovuto fronteggiare un muro di potere consolidato (travestito da argomentazioni più o meno nobili) ormai difficile da sradicare.
La speranza era riposta nell’autorevolezza di Mario Draghi, ma il fatto che nel “piano di rinascita”, approvato a larghissima maggioranza dal Parlamento, non si faccia esplicito riferimento alla modifica costituzionale desta molto sconforto, se non vero sconcerto.
Sebbene nel capitolo riservato alla «riforma dei servizi sanitari di prossimità, standard e strutture per l’assistenza sul territorio» (riportata alla pag. 227 del PNRR), si accenni -genericamente- ad una revisione dell’assetto istituzionale (per la quale il Governo emanerà un disegno di legge entro la metà del 2022, ovvero tra un anno), l’impegno non sembra avere la reale priorità, l’urgenza, la forza e neppure la portata delle vere necessità italiane.
Resta l’auspicio di sbagliare, ma se il bel giorno si annuncia dal mattino…… i timori che anche il PNRR possa rivelarsi nell’ennesima occasione mancata appaiono alquanto fondati.
Paolo Stanzani
Per favore non confondiamo il referendum del 2006 con quello del 2016; i contenuti erano completamente diversi e quelli che nel 2016 votarono NO (dall’estrema destra alla estrema cosiddetta “sinistra” che con Berlinguer non ha niente a che fare) nel 2016 e dicevano di volere difendere la Costituzione (capirai cosa gliene importava a Meloni, Salvini, Berlusconi, Grillo, ecc) in realtà difendevano la schiforma daleman bossiana del Titolo V della Costituzione del 1948 per la quale mio padre e decine di migliaia di altri resistenti avevano combattuto contro nazisti e fascisti; rimasi sbigottito quando pure l’ ANPI si schierò per il NO tradendo la Resistenza antifascista.