L’editoriale del numero 3 (marzo 2021) di “Mondoperaio”, firmato dal direttore Luigi Covatta, è intitolato Sonnambuli. Covatta, a cui sono legato da una antica e mai incrinata amicizia, aveva ripreso il titolo dal grande libro di Christopher Clark sulla prima guerra mondiale, dove lo storico sottolinea la serie di errori commessi dalle classi dirigenti dei paesi europei e i calcoli sbagliati che portarono alla catastrofe della grande guerra. Allo stesso modo Covatta descrive con estrema lucidità il percorso del declino dei partiti e della classe dirigente che dal 1991 ad oggi, cioè negli ultimi trent’anni, ha impedito le riforme e gli aggiustamenti necessari a salvare la repubblica e rendere governabile il paese dopo la fine della “guerra fredda”. In quell’editoriale di “Mondoperaio”, che conteneva anche un mio saggio sull’eterno “duello a sinistra”, Covatta salutava la nascita del governo Draghi invitando la cultura, il mondo degli intellettuali e delle istituzioni culturali, a dare un contributo “alto” alla risoluzione dei problemi e dei tanti nodi che da trent’anni hanno segnato la crisi della politica e il declino del paese.
Scriveva che “Mondoperaio” avrebbe, come sempre, dato il suo contributo. «Con una sola preghiera – scriveva Covatta – che si eviti lo spreco di parole come ‘riformismo’ o ‘socialismo liberale’». «I liberalsocialisti – concludeva Covatta con il solito sorriso amaro – ormai si trovano ad ogni angolo di strada: basta volersi distinguere dai comunisti e dai democristiani (nonché dai socialisti veri) per definirsi tali, con buona pace di Guido Calogero e di Carlo Rosselli (ed anche di Luciano Pellicani). E quanto al riformismo, già negli anni di Reagan e della Thatcher, Norberto Bobbio ci spiegò che ‘dove tutti sono riformisti nessuno è riformista’».
Ora, con mio grande dolore, Luigi Covatta, direttore di “Mondoperaio”, socialista e collaboratore di Bettino Craxi, deputato e poi senatore, sottosegretario alla Pubblica istruzione e poi ai Beni culturali in vari governi, è morto all’improvviso, all’età di 77 anni.
Mi mancherà. Come sono sicuro che mancherà a tutti coloro che sanno apprezzare le persone che mantengono una coerenza di valori e di ideali in un mondo dove tutto cambia troppo velocemente, specialmente nella politica e nel mondo della cultura. Credeva nel metodo dello studio dei problemi prima di prendere decisioni politiche e di governo. Credeva nella necessità di aiutare i bisognosi, ma anche di premiare il merito. Annusava a distanza il dogmatismo e il massimalismo. Silenzioso ascoltava paziente e, a volte, colpiva con l’ironia sottile che filtrava dai suoi occhi semichiusi, velati dal fumo della sigaretta. Lo ricorderò così, con questa immagine che sfida il tempo e le avversità, ma anche la stupidità umana e la superficialità supponente.
Valerio
Proprio vero. L’ incontro con questi uomini ti ripaga di tutte quante le miserie da sopportare.