È forte, nell’area dei liberal-democratici, il desiderio di costituirsi finalmente in partito, cogliendo alcuni segni dei tempi favorevoli: la crisi del populismo e dell’euro-scetticismo, la grande popolarità del neo-premier Mario Draghi, l’attenuazione dello scontro destra-sinistra determinata dall’insediamento del suo governo di larghissime intese. Tuttavia chi coltiva quest’idea deve risolvere un paradosso: la ragion d’essere del partito lib-dem è un programma di riforme incisive dell’economia e della società, ma la condizione per la nascita di un partito siffatto è un sistema elettorale proporzionale, che rende pressoché impossibili quelle riforme.
Vediamo la cosa più da vicino. Il partito lib-dem non può nascere senza un sistema elettorale fortemente proporzionalista, che eviti la polarizzazione destra-sinistra e dia a una formazione nuova il tempo di nascere e progressivamente consolidarsi; senonché il proporzionale sembra fatto apposta per impedire le riforme incisive, costringendo chi le sostiene ad allearsi con chi non le vuole: è un sistema in cui tutti promettono e nessuno mantiene. Se si vogliono le riforme incisive, è indispensabile un sistema elettorale maggioritario. La strategia dei lib-dem, dunque, non può consistere se non nel battersi per il maggioritario e contemporaneamente impegnarsi per conquistare la guida dell’uno o dell’altro schieramento. Rinunciando a un (oggi) impossibile loro partito duro e puro.
I lib-dem si battono per le riforme che assicurano la massima contendibilità di tutte le funzioni, nel settore privato come in quello pubblico, e al tempo stesso danno corpo alle pari opportunità che consentono a tutti di candidarvisi. Se a prevalere sarà la declinazione di destra di questa strategia, l’accento cadrà sulla contendibilità delle funzioni; se a prevalere sarà quella di sinistra l’accento cadrà sulla parità delle opportunità. Ma si tratterà solo dello spostarsi di un accento nella sintesi di due principi entrambi fondamentali e irrinunciabili.
(Questo articolo, con il consenso dell’autore, è ripreso dal sito www.pietroichino.it)
Silvano
Il sistema maggioritario non è democratico perché consegna la guida assoluta del governo ad una minoranza anche se la prima delle minoranze, magari solo per un voto popolare in più della seconda minoranza ( o forza politica).. La Clinton,nelle elezioni presidenziali che si svolgono con questo metodo, prese ben 2 milioni e mezzo in più di voti popolari di Trump e pur perse. Macron, o meglio il suo partito, alle legislative ultime prese il 32% di voti popolari. e guadagnò la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento !!! È questo che vogliono i fautori del maggioritario, la demo-cratura di una minoranza ???