Effetto Draghi, il terremoto che sta mandando all’aria vecchi equilibri della politica italiana? Può darsi. Ma la situazione era matura. Occorreva solo il detonatore. E il governo metà tecnico e metà politico unito alle larghe intese che lo sostengono, certamente ha favorito le scosse telluriche di questi giorni.
All’interno del PD, dove il sisma ha prodotto i danni maggiori, fino a rischiare di fare crollare l’edificio, c’è ancora chi pensa che la colpa sia tutta di Renzi. Le due maggiori forze della vecchia maggioranza, 5Stelle e PD, dopo avere tentato di fregarsi a vicenda, si scannano, ora, al loro interno ma ci si ostina a non guardare in faccia la realtà. Il Conte 2 era già morto prima degli scossoni di Renzi. E lo era per una ragione semplicissima: lo stato di salute di questi due partiti. Non può nascere un governo sano se a dargli vita e a fornire uomini e idee sono due partiti moribondi. Giuseppe Conte non poteva fare miracoli perché non è un santo. Ma è stato bravissimo a fare il prestigiatore illudendo moltissimi italiani sullo stato di salute del suo governo e dei partiti che lo sostenevano. E le conseguenze del sisma si sono abbattute fragorosamente su 5Stelle e PD. Il primo ha dovuto chiamare un Papa straniero, lo stesso Giuseppe Conte, e subire una scissione di dimensioni ancora incerte. Il secondo è rimasto decapitato per le dimissioni del suo segretario. Nel motivarle, Zingaretti ha aggiunto di suo una denuncia sulle condizioni attuali del PD e della sua dirigenza che suona come sberla capace di scuotere un elefante.
Eppure c’è nel PD chi si ostina a non volere guardare alle vere cause del malessere. Si preferisce, ancora una volta la collaudata via di fuga di dare tutta la colpa al “bullo fiorentino”. Perché se Renzi è fuori dal PD, all’interno ci sono ancora gli “ex” renziani, già individuati come i veri responsabili delle dimissioni di Zingaretti. Di questo passo, si passerà alla caccia preventiva ai futuri renziani e, infine, ai loro parenti più o meno prossimi.
Ma il vero problema è che tutti i partiti italiani sono ridotti allo stesso modo. I segretari vengono eletti con il 100% dei voti e con la stessa percentuale vengono abbattuti. L’ipocrisia regna sovrana e le dichiarazioni di fedeltà come codice identitario hanno preso il sopravvento sulla sintonia delle idee. Del resto, dove e come manifestarle le proprie idee se non ci sono sezioni, se le decisioni sono adottate all’unanimità, la linea politica non è solennemente sancita dai congressi, e le conte sono solo strumento per dividersi candidature, posti ed altre prebende? La democrazia nei partiti è il problema vero da risolvere se si vuole una migliore qualità e un fisiologico ricambio nelle istituzioni e, quindi, nella governance del Paese. Le dimissioni di Zingaretti hanno reso nel PD più evidente e più urgente la necessità di una rifondazione su basi nuove e capaci di attrarre nel proprio perimetro energie e idee che oggi rifiutano la sclerosi dei vecchi partiti. Ma la campana suona per tutti e non basta cambiare i segretari.
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