Una prospettiva che potrebbe solleticare le -non proprio modeste- ambizioni dell’ex-premier e -soprattutto- coronare il vecchio ma mai archiviato sogno del re-genovese (complice la guerra fratricida interna al Nazareno): prendersi il PD.
Sono ormai mesi che nel Movimento 5 stelle Beppe Grillo veste la maglia numero 2. Dalla figuraccia di inizio dicembre rimediata sul MES sanitario (Grillo era a favore e Rousseau lo bocciò schierandosi con l’allora inquilino di Palazzo Chigi) al più recente scivolone: “Lealtà a Conte, No a Draghi” per poi dover rimediare partecipando -quasi di soppiatto- alle consultazioni del Premier incaricato.
Gli ultimi mesi per il Fondatore del Movimento sono stati un rosario di passi falsi, rapidi dietro-front e fragorosi riposizionamenti sino alle ultime ore quando, finalmente, è riuscito a cedere lo scettro ufficialmente e da “re” ancora formalmente in carica (seppur disarcionato dai fatti).
Sì perché la manfrina dell’incontro: prima segreto a Marina di Bibbona, poi sconvocato per la fuga di notizie, quindi tenutosi -sempre in stile carbonaro- con i maggiorenti del partito nella capitale altro non è stato che il tentativo -riuscito- di mettere il cappello sull’investitura di Giuseppe Conte.
Tutto secondo il più trito dei cerimoniali di corte: il re regnante, detronizzato dalla storia, incorona il nuovo “condottiero”. Una cessione coatta dello scettro, mascherata da concessione, volontaria ed entusiastica, di sovranità.
Ma al passaggio di testimone non potevano esserci due re. Necessariamente uno doveva essere sconfitto prima per non essere convocato alla cerimonia d’incoronazione. Ecco l’importanza per Grillo del passaggio sulla piattaforma Rousseau: il Governo Draghi era la scusa, Casaleggio la vera preda!
Tutto studiato da una mente lucidissima che, c’è da immaginarlo, non ha dato ancora il meglio di sé.
L’era Conte infatti echeggia l’ipotesi di un soggetto unico a sinistra capace di fare sintesi della cultura del vaffa con le varie sensibilità riformiste.
Una prospettiva che potrebbe solleticare le -non proprio modeste- ambizioni dell’ex-premier e -soprattutto- coronare il vecchio ma mai archiviato sogno del re-genovese (complice la guerra fratricida interna al Nazareno): prendersi il PD.
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