Per mezzo secolo mi sono battuto per un’Europa unita con la Gran Bretagna dentro a giocare con pieno titolo il suo ruolo L’accordo di commercio e cooperazione (TCA) approvato dal Parlamento britannico il 30 dicembre ha segnato , per me, una giornata molto brutta e dolorosa.
Il TCA definisce il divorzio della Gran Bretagna dal progetto di pace che ha avuto il maggior successo nella storia, minando il futuro potenziale dell’economia del Regno Unito, la sicurezza nazionale del paese e la nostra influenza come forza del bene nel mondo.
Per un socialdemocratico, rappresenta il ritiro da una economia sociale di mercato governata da regole, standard e diritti che non hanno eguali nel mondo. Rappresenta una vittoria di un velenoso populismo nazionalista sull’internazionalismo liberale basato sulle regole.
È l’unico accordo commerciale nella storia che riguarda l’erezione di barriere dove prima non ce n’erano.
Per le imprese britanniche i vantaggi sono scarsi: scambi di merci senza dazi e contingenti, ma solo se tali merci rispettano complesse “normedi origine”; pochissimo sui servizi (dove, rispetto ai beni, il Regno Unito ha un forte surplus commerciale con l’UE); nulla di sostanziale sui servizi finanziari o sulla trasferibilità dei dati, che sarà lasciata alle decisioni autonome della Commissione europea sull’equipollenza.
La perdita in termini di crescita potenziale, investimenti e posti di lavoro darà un duro colpo per un’economia britannica già più indebolita da Covid rispetto ai nostri concorrenti continentali.
Per decenni, gli anti europeisti si sono lamentati degli oneri burocratici che l’UE imponeva alla Gran Bretagna: ora la Gran Bretagna deve misurarsi con un picco di burocrazia e costi negli scambi con il mercato unico.
Per quanto riguarda la sicurezza nazionale, la Gran Bretagna ha perso l’accesso agli essenziali database dell’UE al mandato d’arresto europeo, tutto questo a causa del rifiuto dogmatico di accettare qualsiasi ruolo per la Corte di giustizia europea, ma il primo ministro Johnson non ha alcun piano visibile per dimostrare come questa sovranità teorica ripristinata in base al suo accordo possa assicurare quelle nuove opportunità promesse della Brexit. Una volta, i sostenitori di destra della Brexit indicavano l’obiettivo di completare la rivoluzione thatcheriana.
Ma cosa c’è adesso?
Ci sono poche prove del sostegno popolare per il nirvana dei Brexiteer di una volta fatto di deregolamentazione e bassa tassazione, specialmente nel mondo post Covid-19. I conservatori si troveranno intrappolati tra le preferenze politiche dei suoi nuovi sostenitori nella classe operaia del nord e delle Midlands per l’intervento statale e le sovvenzioni industriali da un lato, e le disposizioni del trattato su condizioni di parità e ritorsioni tariffarie dall’altro. Gli stessi vincoli si applicano ai nuovi accordi commerciali con il resto del mondo: o saranno estremamente modesti, oppure se abbassano gli standard e attaccano i diritti dei lavoratori, incontreranno una feroce opposizione politica all’interno e la minaccia di ritorsioni da parte dell’UE.
Ci vorrà del tempo prima che il vuoto dell’agenda della Global Great Britain diventi evidente. Ma una volta che sarà palese, si creeranno nuove opportunità per rilanciare la causa europeista.
Per quanto pessimo sia questo accordo, l’alternativa sarebbe stata di gran lunga peggiore: non solo un caotico No Deal, ma una rottura permanente con l’Unione Europea con una Gran Bretagna “canaglia” alle sue porte.
Vivo le emozioni quanto chiunque altro nel mio impegno europeo, ma nella politica seria dobbiamo basare le decisioni sulla realtà oggettiva. Questo è il motivo per cui credo che questo disegno di legge debba essere sostenuto.
La grande domanda che sta di fronte al Labour ora è: cosa succederà? La questione europea nella politica britannica non è stata risolta. Il 2020 segna semplicemente l’amara fine di una lunga fase storica. Tuttavia, chiunque nel Partito laburista pensi che ora possiamo dimenticare l’Europa e “andare avanti” vive nel proprio piccolo mondo fatto di illusioni.
I laburisti non dovrebbero più continuare a ripetere gli argomenti a favore del Remain del referendum; dobbiamo accettare di aver perso (ed è molto difficile per me, ma credo necessario, mettere in archivio quel sentimento).
Le brave persone che hanno votato per la Brexit – e ce ne sono molte – non saranno riconquistate da Remainers intestarditi che dicono loro che sono stati degli sciocchi.
Tuttavia, non possiamo dimenticare la nostra geografia. In nessun modo questo accordo risolve le complessità sempre presenti nei legami economici, di sicurezza e politici della Gran Bretagna con il continente. Ma contiene al suo interno le strutture istituzionali su cui un nuovo e più stretto rapporto può e deve essere costruito nel tempo.
È particolarmente pesante nelle strutture di governance, con un Consiglio di partenariato congiunto che presiede diverse dozzine di comitati specializzati incaricati della sua attuazione con ampi poteri per modificare la sostanza del TCA alla luce dell’esperienza. Esiste una clausola di revisione quinquennale, perfettamente programmata per un nuovo governo laburista per apportare tutta una serie di miglioramenti.
Mi piacerebbe vedere i miei figli e nipoti riportare la Gran Bretagna nell’Unione europea. Ma perché ciò possa realizzarsi, gli Stati membri dell’UE devono volerci di nuovo con loro e avere la certezza che questa volta la Gran Bretagna resterà. Né l’UE vorrebbe che ci ricongiungessimo sulla base de vecchio principio “metà dentro, metà fuori” (a meno che l’UE non si evolva in un modello a due velocità con un nocciolo interno ed un livello esterno, evoluzione che non ho mai ritenuto probabile).
Gli europeisti dovrebbero ora concentrarsi sull’esporre i difetti del TCA e, nel farlo, ricostruire gradualmente, in modo cruciale al di là degli schieramenti politici, le ragioni per una più profonda cooperazione europea e una sovranità condivisa.
Per quanto riguarda i fautori della Brexit, dovrebbero prestare attenzione al famoso avvertimento del primo ministro Robert Walpole (in carica dal 1721 al 1742) all’inizio della guerra di successione austriaca nel 1740: “stanno suonando le loro campane ora, ma presto si torceranno le mani”
Articolo apparso in the Progressive Post on 12 January 2021 e su Policy Network il 26 gennaio 2021
Si ringrazia Lord Liddle per l’autorizzazione a tradurre l’articolo
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