Faccio una proposta: non chiamiamole “grandi opere”, chiamiamole semplicemente “opere”. Perché le infrastrutture sono, al fondo, ciò che consente ad un paese di lavorare, di crescere e di rafforzare la sua capacità di tessere relazioni: sono la normalità di una società che pensa a progettare e organizzare il suo futuro.
Ma questa normalità pare non essere nell’orizzonte politico del governo Lega-Movimento 5 Stelle e la vicenda, grottesca, della Tav sta lì a dimostrarlo. Cosa dire di un esecutivo che fa ricorso a trucchi e trovate per eludere il dovere di sciogliere un nodo che è tutto politico e che oltretutto crea un enorme imbarazzo all’Italia sul piano internazionale?
Sottolineo questi aspetti perché, imboccata l’ultima curva della legislatura, uno dei temi principali dell’agenda di governo della giunta regionale è dare una spinta, finalmente decisiva, al rafforzamento e all’ammodernamento del sistema infrastrutturale toscano.
E se è vero che la Regione Toscana ha fatto passi avanti importanti proprio in questa legislatura – penso al potenziamento del sistema aeroportuale toscano, ai forti investimenti sui porti di Livorno e Piombino, ai lavori per il raddoppio della linea ferroviaria Pistoia-Lucca – è innegabile che senza un pieno coinvolgimento del governo nazionale, in termini sia politici che economici, quella sorta di “maledizione infrastrutturale”, come l’ha efficacemente definita il presidente Enrico Rossi, che frena e vincola le possibilità di sviluppo della Toscana non si potrà superare.
La Toscana ha sempre cercato il dialogo e il confronto con tutti i governi in carica, senza mai confidare sulle affinità politiche, ma facendo leva esclusivamente sulle necessità del nostro territorio e sulla convinzione che una Toscana più efficiente dal punto di vista infrastrutturale è nell’interesse generale del paese.
Cito solo due esempi: sotto attraversamento e stazione dell’alta velocità di Firenze e corridoio stradale tirrenico. Sono due snodi in grado di consentire all’intero sistema infrastrutturale italiano un salto di qualità (si pensi a cosa ha significato, pur con le criticità che non sono mancate, il completamento della variante di valico), con sicuri benefici per la produttività generale del paese.
E ha riflettuto davvero il ministro delle infrastrutture Toninelli ( e insieme a lui lo hanno fatto il premier Conte e i suoi vice Salvini e Di Maio) sul caso emblematico della chiusura temporanea del viadotto del Puleto in Valtiberina? Sommandosi i difetti di manutenzione e la mancanza di alternative efficaci per la mobilità, le conseguenze sono state gravissime per i cittadini e le imprese: questo succede quando il sistema infrastrutturale non è adeguato.
Su questo obiettivo, dunque, e lo ribadisco con forza, la Regione non molla. E del resto su molti temi la Toscana ha saputo guardare avanti, in questi anni, rimboccandosi le maniche e mettendo in campo risorse proprie per dare risposte a problemi storici del nostro paese, come quello della protezione del territorio dal rischio idrogeologico. Il nostro piano di interventi annuali di messa in sicurezza del territorio ha preceduto strumenti analoghi messi a punto dai governi nazionali (e meno male che al governo gialloverde non è venuta l’idea di archiviarli).
Rilanciare un programma di investimenti e di opere pubbliche è una chiave fondamentale per schiodare il paese dalla stagnazione e dal rischio di conclamata recessione. Assicurare risorse adeguate per aprire o riaprire i cantieri di opere che servono realmente al paese, non solo darebbe lavoro a migliaia di persone, ma contribuirebbe a far crescere la ricchezza del paese.
Per questo, oltre alle infrastrutture che ho già ricordato, vogliamo stringere sulla terza corsia della A11, sugli assi viari di Lucca, sull’elettrificazione della ferrovia Empoli-Siena. Sono opere, non “grandi opere”, e la Toscana non può più aspettare. La Regione c’è, il Governo batta un colpo.
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