Erano belli quei tempi in cui potevamo urlare il nostro orgoglio di essere italiani, quando le gesta dei nostri attaccanti, il talento dei nostri centrocampisti e la tenacia dei nostri difensori ci risarcivano dei comuni stereotipi che noi, gente italica, siamo soliti subire, un po’ per invidia (va detto) e un po’ per nostre scelte (va ammesso). Abituati a riempire le cronache internazionali dei giornali altrui per i nostri limiti politici, fa specie, per una volta, trovarsi per la stessa ragione così attenzionati e benvoluti nei corsivi dei giornali stranieri. Senza addentrarmi in giudizi di merito (questa rubrica cerca di essere super partes, ma si sa, l’uomo è fragile), la notizia della formazione di un nuovo “governo di alto profilo” ha messo le ali alla borsa nostrana (+7% nella settimana e best performer tra i principali listini mondiali) e ha fattocollassare il tanto vituperato spread, sceso al livello 93, al minimo dal 2015. C’è tanta voglia di Italia. Era ora. Ma passata questa sbornia da euforia, ricordiamoci da dove veniamo. Veniamo da un rapporto debito/ Pil che chiuderà a 160% circa e solo quest’anno abbiamo creato 430 miliardi di euro di deficit aggiuntivo per fronteggiare la pandemia. Più che un esercito di draghi (minuscolo), ci vorrebbe un Salvatore (maiuscolo). Sfida quindi persa in partenza? No. Ma servirà tanta capacità di soffrire insieme e portare a casa la vittoria. Proprio come quando siamo arrivati sul tetto del mondo calcistico. Abbiamo un prezioso aiuto dall’Europa: 200 e più miliardi da spendere, abbiamo il nostro tessuto industriale che è ancora un vanto a livello internazionale e abbiamo una forte rete di relazioni internazionali di chi è stato incaricato a guidare il Paese. Servirà però avere coraggio. Il coraggio di fare delle riforme epocali (lavoro, giustizia, pubblica amministrazione, previdenza…) senza guardare solo al nostro orticello. Questa voglia di comprare Italia potrebbe continuare ancora: fior di analisti stanno azzardando che il nostro spread si restringerà ulteriormente collocandosi a un livello di 70 punti (per essere più diretti: lo stesso livello della Spagna) e questo significherebbe pagare meno interessi sul debito, ma soprattutto, alla luce degli accordi con l’Europa, emettere nuovo debito pubblico ad un livello vicino allo 0%, rispetto al costo medio del nostro debito in essere del 2,5% circa.
È una occasione unica. Come già successo nella nostra storia, siamo in finale e abbiamo da tirare il rigore decisivo. Auguriamoci allora di rivivere il rigore di Berlino… (ognuno la legga come vuole…)
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