Quali sono i geni utili che dalla esperienza del PCI si rintracciano nella vicenda storica italiana, contro quali vizi o derive può contribuire ancora oggi a difendere la sinistra in primo luogo ma assieme la società e la politica italiana?
Quello che penso del PCI e della sua storia l’ho espresso in molte occasioni e per ultimo in un articolo del 25 gennaio scorso su “La Voce Repubblicana”, a proposito dell’intervista di Massimo D’Alema nel quale egli sosteneva che “il PCI è sempre stato riformista”. Ecco, si può partire proprio da qui, per rispondere alla seconda domanda. Uno dei lasciti peggiori della storia del PCI è proprio la convinzione che si possa mentire tranquillamente, che si possano dire e scrivere le cose più inverosimili, come, appunto, che “il PCI è sempre stato riformista” e pretendere che i propri militanti credano ciecamente a ciò che viene affermato. E il guaio è che molti, se non tutti, ci credono davvero. Potrei chiarire questa affermazione in termini più elaborati ma alla fine le cose non cambiano. La celebrazione del centenario della nascita del PCI poteva essere l’occasione per un ripensamento complessivo e veritiero di quella vicenda. Abbiamo invece assistito allo spettacolo del riemergere di vecchi tromboni che per alcuni anni avevano avuto almeno il pudore di tacere e che hanno colto l’occasione per riprendere a ripetere i più stantii luoghi comuni, come quello che il PCI era diverso da tutti gli altri partiti comunisti. Ma quando mai, il PCI è stato un partito comunista con tutte le caratteristiche che questo comportava e che chi ha vissuto la storia del ‘900 conosce bene. Quel che è peggio, abbiamo assistito allo spettacolo di storici che hanno ripreso senza batter ciglio le tesi che erano ripetute dagli storici di partito fino a una trentina di anni fa. Questa per me è stata la cosa più triste.
Quali sono i geni dannosi trasmessi in eredità che hanno contribuito e contribuiscono a frenare le potenzialità ed a condizionare il ruolo e l’azione della sinistra per il cambiamento del Paese ?
Detto questo, è difficile individuare quali possono essere i geni positivi che il PCI ha lasciato al presente e al futuro. Purtroppo anche le battaglie che potevano essere condivise sono sempre state macchiate da quella strumentalità che è stata uno dei segni distintivi dell’identità comunista. Io credo che di fronte alla storia del PCI, come più in generale di fronte alla storia del comunismo internazionale, si possa assumere un solo atteggiamento: appartiene alla storia del XX secolo, quel secolo con tutti i suoi orrori è finito, impariamo da quella vicenda a non ripetere gli stessi errori, impariamo soprattutto che non è con l’ideologia che si può comprendere la realtà ma solo con un approccio il più possibile pragmatico. Oggi ciò che ci dovrebbe impegnare è la lotta per far riemergere una cultura laica e liberale che in Italia, nella generale confusione, sembra essere stata smarrita. Per il resto lasciamo che i morti seppelliscano i loro morti.
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