La grave pandemia da COVID, che ha così duramente colpito il pianeta, ha evidenziato particolarmente nel nostro Paese, un Sistema Sanitario fragile sia dal punto di vista della organizzazione di fronte ad eventi che, purtroppo, tendono a ripetersi nel tempo e ha messo in una evidenza, quasi drammatica, la carenza del personale, medico e non, necessario per affrontare una minaccia di così grande portata che ancora non siamo in grado di prevederne la fine. La mancanza, quindi, di un Piano pandemico non aggiornato dal 2006 e la disponibilità ridotta di risorse per il reclutamento dei medici e degli infermieri hanno portato rapidamente al collasso molti ospedali.
Sul fronte medico si deve sottolineare, anche con soddisfazione, che sono state aumentate in questo anno le borse di studio per le specializzazioni particolarmente in alcune discipline mediche in primo piano nella lotta al COVID.
Sarà utile ricordare alcuni numeri.
Nel 2019 le borse di studio sono state 8000 finanziate dallo Stato, 612 dalle Regioni e 164 da Enti pubblici e privati, mentre nel 2020 le borse sono diventate 14455 di cui 13400 finanziate dallo Stato ,888 dalle Regioni e 167 da altri Enti. Come si nota un incremento netto di oltre 6000 borse. Ancora più interessante il tentativo di adeguamento delle tipologie di specializzazione che ha inteso agevolare quelle discipline ritenute giustamente più necessarie. Solo per fare un esempio, la disponibilità per la specializzazione in Malattie Infettive ha visto aumentare da 106 a 339 il numero delle borse e quella in Malattie Respiratorie da da 135 a 371.
Naturalmente questo sforzo, pur lodevole, riguarda il futuro atteso che i giovani medici che cominciano il percorso di specializzazione lo ultimeranno tra quattro anni e non rappresentano, quindi, la soluzione per la carenza attuale. Così, si è dovuto tentare il ricorso a tipologie di reclutamento di medici discutibili come il richiamo in servizio dei medici in pensione che ha registrato poche adesioni e che li ha esposti, per la condizione avanzata della età, a un rischio maggiore di avere conseguenze gravi dal possibile da COVID.
Rimane, poi, il nodo di fondo perché si vuole che i medici possano partecipare a concorsi ospedalieri solo dopo la acquisizione del diploma di specializzazione ma, ogni anno, il numero dei laureati in medicina che fanno domanda di partecipazione al concorso per la specializzazione è di gran lunga maggiore dei posti disponibili e così la specializzazione rimane di fatto un vero imbuto difficile da superare.
Come è noto il Recovery Fund ( Next generation EU) prevede uno stanziamento complessivo di 750 miliardi e l’Italia è sicuramente il paese maggiormente beneficiario. Si deve ritenere, per l’utilizzo dei fondi assegnati all’Italia, che nelle intenzioni del Governo, che ha aumentato lo stanziamento di fondi per la sanità ( in una versione del Piano davvero insufficienti) ci sia proprio la volontà di garantire ad ogni laureato una borsa di specializzazione.
E’ sufficiente? Certamente no. Ma nelle intenzioni del Governo si sono anche i presidi per le degenze temporanee, le case di comunità gestite dai medici di medicina generale e il potenziamento della rete territoriale di assistenza primaria, il rafforzamento della medicina scolastica, la riforma, essenziale, del sistema di emergenza urgenza.
Dobbiamo riuscirci, a qualunque costo.
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