Quali sono i geni utili che dalla esperienza del PCI si rintracciano nella vicenda storica italiana, contro quali vizi o derive può contribuire ancora oggi a difendere la sinistra in primo luogo ma assieme la società e la politica italiana?
Il lascito più positivo del Pci è il contributo che ha dato alla creazione di una “cultura di governo” nella sinistra italiana e cioè, in particolare, le due esperienze che lo hanno visto maggiormente impegnato nella governabilità nazionale ed è dovuto passare dalla propaganda alla concretezza: prima con Togliatti nei governi di “unità nazionale” tra il 1944 e il 1947 e poi con Berlinguer nella maggioranza di “solidarietà democratica” tra il 1976 e il 1979. Si tratta di due capitoli della storia del Pci che non a caso vennero condannati dal Cremlino: il Pci ’44-’47 fu messo sotto processo nella riunione costitutiva del Cominform del ’47; a sua volta Berlinguer subì la sfuriata di Breznev nell’ottobre del 1978 con l’accusa di essersi messo a rimorchio della Nato (v. Silvio Pons, “L’ultimo Berlinguer”) e quindi pose fine a quella politica. Ma è in quelle esperienze che il Pci visse la centralità della lotta per la democrazia contro il fascismo e il terrorismo in un quadro di dialettica costruttiva e di pluralismo.
La vera “diversità” da esaltare del comunismo italiano non è quella verso gli altri partiti antifascisti, ma verso il Pcus in quanto dal 1944 è cresciuto in una democrazia occidentale in continuo confronto polemico e di collaborazione con cattolici, socialisti e liberal-democratici: influenzandoli e venendone influenzato positivamente in entrambi i casi.
Quali sono i geni dannosi trasmessi in eredità che hanno contribuito e contribuiscono a frenare le potenzialità ed a condizionare il ruolo e l’azione della sinistra per il cambiamento del Paese ?
Il dna negativo è appunto la cultura della “diversità”, il considerare chi non è alleato come il nemico dipingendolo sempre come “pericolo per la democrazia”. E’ la politica dell’”egemonia” e del “partito-principe” ovvero il ritenere se stessi come unica forza sana aggredendo il dissenso come manifestazione di inferiorità culturale e/o di disonestà e di non democrazia. Ancora oggi quotidiani e talk show di certa sinistra ripropongono la propaganda del comunismo espressionista degli anni ‘30: l’avversario è sempre ridicolo, corrotto e fascista: un ciccione con equivoche banconote in tasca e un manganello in mano.
In questo contesto si ripropone l’uso strumentale da un lato della giustizia e dall’altro dell’antifascismo.
Il dna negativo ovvero l’onda lunga dello stalinismo degli anni ’50 pervade anche la storiografia sin dai manuali scolastici che rappresentano ancora la Guerra fredda non come scontro tra regimi di dittatura comunista contro la democrazia occidentale, ma come “guerra sporca” dell’anticomunismo.
Grava anche sulla politica di certa sinistra la rappresentazione negativa della governabilità italiana fino alla criminalizzazione dell’alleanza tra socialisti riformisti, cattolici democratici e liberaldemocratici mentre si contrappone come attuale la politica togliattian-berlingueriana della “ditta” come perno di un’alleanza con “utili idioti” (da un lato catto-comunisti e dall’altro azionisti).
Daniela Mainini
Grazie Ugo imparo sempre leggendoti ! Daniela