Trovo inverosimile che tutti i personaggi politici e gli organi di informazione parlino solo di “responsabili” o di “costruttori” (geometri o architetti con la licenza di costruire nel futuro una lista Conte).
Non c’è mai un riferimento ai contenuti sollevati da Renzi, e fra l’altro il “Piano” presentato da Conte il 12 gennaio non è neanche lontanamente quello che è stato chiesto dalla Commissione Europea. Certo, è migliorato rispetto all’indecente bozza presentata il 7 dicembre, frutto dello staff di Conte, che aveva tagliato fuori il Ministro dell’Economia, e che prevedeva 6 super manager più 300 manager alle dirette dipendenze di Conte.
Un Piano segreto che nessuno aveva letto
Un Piano che doveva essere approvato nel giro di 24 ore, come, d’abitudine, è stato per la legge di bilancio che Conte e il suo meraviglioso governo (non c’è altro al di fuori di te, dice il PD) hanno fatto approvare al Senato in meno di 48 ore. Lo stile non cambia: decine e decine di d.p.c.m. che non passano per il Parlamento e neanche alla firma del Presidente della Repubblica; decine di decreti legge, che spesso sostituiscono altri decreti legge, su cui vengono posti i voti di fiducia cosicché il Parlamento è del tutto espropriato delle sue funzioni legislative e rappresentative. E decine e centinaia di decreti applicativi, che non vengono adottati.
Ha ragione il professor Sabino Cassese quando dice che siamo oltre la prassi costituzionale. Siamo a una azione autocratica, con varianti cesariste da servizi segreti. Addirittura Conte ha messo in decreto legge per la pandemia la proroga degli incarichi dei servizi segreti, in primis del suo fedelissimo Gennaro Vecchione a capo del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), che coordina tutti i servizi segreti. E senza pudore, nella legge di bilancio, Conte aveva inserito una Fondazione dei servizi segreti, senza che nessuno lo contestasse, salvo Renzi, cattivo guastafeste.
Ma quello che ci chiede l’Europa non è quel “Piano” di enunciazioni generiche; ci chiede dei progetti in cui siano definiti in dettaglio e concretamente, tempi, luoghi, modi, strumenti, obiettivi, ricadute occupazionali, riforme. Sul “Sole 24 ore” (16 gennaio) Fabio Tamburini scrive un bell’articolo dal titolo “Serve un piano di sviluppo, non interventi a pioggia”. A questo proposito, vale anche la pena di sentire l’intervista del 14 gennaio del professor Tommaso Monacelli, docente di Macroeconomia alla Bocconi (https://www.raiplayradio.it/programmi/zappingradio1/#) o leggere l’articolo del professor Giacinto Della Cananea (“Il Foglio” 14 gennaio: “I paragoni impietosi fra il Recovery italiano e quello francese”).
Fra l’altro, siamo in presenza di “una demenziale procedura adottata da Gualtieri&Conte di di non far precedere le consultazioni alla decisione del consiglio dei ministri. L’inverso del necessario e dell’opportuno” scrive Domenico Cacopardo su “Italia Oggi” del 16 gennaio. Di tutto questo non si parla,
L’altro giorno la FAZ (Frankfurter Allgemein Zeitung), uno dei più autorevoli e influenti quotidiani tedeschi, scriveva: “Purtroppo questo governo, oltre alla gestione del coronavirus, non ha prodotto alcunché in grado di guardare al futuro. Conte voleva distribuire i soldi di Bruxelles in base a calcoli politici e clientelari. Così facendo l’Italia mancherebbe gli obiettivi del fondo Recovery, volto a favorire le riforme e una maggiore crescita”.
Un PD che vuole disfarsi della subalternità a Renzi
E di tutto questo non parlano i dirigenti del PD, che sono presi da una furia dissennata contro Renzi e Italia Viva. Forse anche perché Renzi, per ragioni diverse, ha messo in luce il loro lato debole: la incapacità di fare politica. È anche vero che per farla bisogna avercela. Ma in questo furore antirenziano c’è anche quella sorta di astio tipica dell’incapace: in questi anni il PD ha operato in base alle scelte di Renzi. Dopo il voto del 4 marzo 2018, Renzi ha imposto l’isolamento tattico del PD e così si è formata una maggioranza giallo nera. Poi Renzi ha imposto al PD di formare il governo quadripartito con i nemici di sempre, le 5S, per stoppare la folle richiesta di Salvini (un altro che confonde la politica con la propaganda comiziesca).
Adesso, in Renzi sono scattate, a mio parere, due considerazioni. L’azione del governo, incerta, confusa, assistenzialistica, “un bonus non si nega a nessuno”, senza visione del futuro, invece di sottrarre voti al centrodestra, favorisce un avanzamento dell’insieme del centrodestra con un rafforzamento della componente reazionaria a scapito delle forse conservatrici e moderate. Conte si è affezionato alla gestione del potere, creandosi delle strutture a palazzo Chigi, utilizzando apparati dello Stato (come i servizi segreti) e realizzando nomine nelle aziende pubbliche, in combutta con D’Alema e Luigi Bisignani, pensando anche così di organizzare una sua forza politica. Per questo vuole tirare avanti in una gestione monocratica della pandemia e del Recovery Fund, fino a quando scatta il semestre bianco e lui si trova in una botte di ferro: in quel periodo verrebbe a mancare una arma come le elezioni anticipate.
Secondo me, Renzi ha aspettato troppo, ma forse lui pensava che fosse compito del PD, affrontare la questione della opacità o meglio della vacuità della azione di governo. O forse pensava anche di avere le spalle coperte dal PD, visto il malumore che serpeggiava nel corpo del PD, di fronte alla inerzia del governo. Anzi, secondo me, qualcuno del PD ha incoraggiato Renzi, e poi l’ha lasciato solo.
Per esempio, di fronte allo scatenarsi della pandemia, saggezza politica e istituzionale avrebbe consigliato di creare una simbiosi tra maggioranza e opposizione, di far funzionare di più gli istituti democratici per coinvolgere tutti nella gestione di un evento del tutto straordinario: una solidarietà nazionale, non invocata, ma praticata politicamente e concretamente a tutti i livelli.
Invece si è andati sulla strada di una gestione monocratica e mediatica, senza risultati apprezzabili, tanto che si devono rincorrere i provvedimenti di chiusura e apertura in una confusione totale che mette anche in ginocchio tanti settori della economia nazionale. E questo tipo di gestione, pasticciata e sconclusionata, fatta di stop and go, non giustificati agli occhi della opinione pubblica, crea nuovi spazi alla destra, ed anche, con il possibile precipitare delle questioni economiche e sociali, di avere il rischio di sussulti e sommovimenti ribellistici.
Un PD in stato confusionale
Stupisce francamente l’apatia, la paralisi del PD, che anzi coltiva ipotesi politicamente suicide. Invece di ricostruire un tavolo di confronto con Renzi, come su “Repubblica” indica Pier Ferdinando Casini (unico vero auspicabile candidato alla sostituzione di Conte) e costruire sui contenuti di governo una maggiore solidità e solidarietà della maggioranza uscente, che vada oltre il semestre bianco, il PD invoca i “responsabili”, i “costruttori”.
Straordinaria nemesi per chi definiva come “trasformisti”, “venduti” ,”voltagabbana” coloro che passavano a sostenere Berlusconi, ed è una meravigliosa vendetta riparatrice vedere le 5S invocare i voti dei “responsabili” – loro che hanno fatto del “vincolo di mandato”, la loro bandiera identitaria, tanto da definire i parlamentari, semplici “portavoce” del duo tragicomico Grillo Casaleggio. Una goduria totale poi leggere “Il Fatto quotidiano” che a suo tempo denunciava il “mercato delle vacche” ed oggi frequenta il mercatino di Ceppaloni e il banco della frutta di Mastella.
Scriveva Massimo Cacciari sull’Espresso (3 settembre 2019) quando si stava formando il governo PD-5S: “Anzitutto, è evidente che la “visione del mondo” ormai quasi naturalmente condivisa è quella per cui politica è l’arte dell’assoluto trasformismo. In lontani decenni ciò veniva denunciato come uno dei suoi mali. Ora viene accettato senza colpo ferire, anzi: i suoi più spregiudicati interpreti sono ritenuti i politici più intelligenti e abili….Trasformismo significa passare per opportunità o calcolo da una collocazione politica a un’altra, trapiantarsi altrove. Oggi non vi è alcuna radice. I “politici” si collocano in uno spazio sostanzialmente omogeneo in tutti i suoi punti, e “giustamente” perciò l’opinione pubblica non avverte nulla di scandaloso nelle loro giravolte.”
Il partito di Conte
Io ho il massimo rispetto per l’azione dell’on. Tabacci, che – da politico navigato di lungo corso, con alle spalle la scuola straordinaria della sinistra democristiana di Giovanni Marcora (guarda caso, già Ministro dell’Agricoltura per sei anni dal 1974 al 1980) – da tempo cercava di mettere insieme parlamentari e forze per dar vita, non solo a un gruppo parlamentare (si chiamerà “Insieme”?), ma una forza politica e una lista elettorale, con a capo il presidente del consiglio uscente, Giuseppe Conte. Tabacci sta facendo una operazione più che legittima, che viene accelerata dalla urgenza di sostenere il governo, ma che ha un traguardo più ambizioso: creare una forza moderata di centro che abbia un seguito elettorale e quindi anche un peso politico e parlamentare. In generale, i “partiti del presidente” non hanno avuto molta fortuna (Monti, per ultimo), tuttavia quello che non capisco per nulla è il PD che non si rende conto che Conte acquista maggior peso nel governo a scapito del PD. Per di più una tale ipotesi di forza autonoma ed elettorale, avendo più di un anno per consolidarsi, toglie spazio e consensi al PD. Questa manovra non allarga il consenso politico attorno al governo, ne redistribuisce i pesi numerici, Si scambia una maggioranza politica con una maggioranza numerica, imbarcando un soggetto, oggi raccogliticcio per l’urgenza degli eventi, che può diventare, con il tempo, un concorrente elettorale. Non stupisce che a favorire questa operazione siano alcuni ministri-vinavil (grande colla italiana), disposti a tutto pur di rimanere nei loro posti ministeriali.
Il fallimento di un gruppo dirigente
Scrive Domenico Cacopardo: “Che partito è e soprattutto che gruppo dirigente è, quello che non si pone l’obiettivo di competere per la vittoria alle prossime elezioni, ma di sopravvivere stentatamente sino a esse, per incassare il dividendo di una partecipazione al governo senza respiro, di emergenza e affari e spiegabilmente di eleggere un Presidente della Repubblica “amico”?…Oggi si dice che il progetto del PD sia di affrontare le elezioni con i 5S: il partito sicuramente perdente che non porta seco alcun valore aggiunto, Un progetto, quindi, a perdere. E così sia”. Aggiungo che l’ideologo, la mente, il trafficone di queste settimane aveva ipotizzato appunto uno schieramento alle prossime elezioni con le 5S e il partito di Conte: un progetto a perdere, appunto.
Sorprende dunque che il Pd non si renda conto che alla mossa politica di Renzi non si risponde con i numeri, ma con un’altra mossa politica, per uscire dall’angolo in cui rischia di finire per il combinato disposto Conte-5S-“Insieme”. Secondo me, il PD potrebbe proporre a tutti, a Leu, alle 5S, a Italia Viva, a “Insieme” di sedersi attorno a un tavolo e definire al più presto un programma di governo per i prossimi anni, per poi scegliere la composizione ministeriale e il presidente del consiglio, senza pregiudiziali da parte di nessuno. A mio parere si dovrebbe proporre anche il coinvolgimento delle opposizioni nella gestione della pandemia, della campagna vaccinale e del Next Generation EU, iniziativa che si dovrebbe estendere agli Enti locali e alle Regioni.
In questo quadro, appare misteriosa e nascosta la presenza di una corrente riformista nel PD. Neanche sul sito del PD nei giorni scorsi si trovava traccia del dibattito in direzione nazionale, Per cui non sappiamo nulla di quel dibattito, se c’è stato o non c’è stato, ma sappiamo solo che Zingaretti ha fatto la relazione. Eppure sui social, ho visto, nei giorni precedenti, posizioni critiche nei confronti del governo, Ma forse sono tutti appiattiti su Bettini-Franceschini-Orlando-Boccia-Provenzano, il quintetto che ha in mano il PD del Palazzo.
(questo articolo con il consenso dell’amministratore del blog è ripreso da www.ilmigliorista.eu)
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