Mercoledì 21 ottobre si è tenuta la prima riunione. Dalle 40 adesioni iniziali l’intergruppo parlamentare “Mes subito” è arrivato a 60 iscritti. L’iniziativa è partita da due deputati di Italia Viva Camillo D’Alessandro, vice presidente commissione lavoro, e Vito De Filippo, della commissione sanità. Le adesioni sono arrivate, subito, da tutti i gruppi politici, ad eccezione di Lega, Fratelli d’Italia e Leu. Adesioni anche eccellenti, fra queste il vice segretario del PD Andrea Orlando, Matteo Renzi di Italia Viva, Renato Brunetta di Forza Italia, Maurizio Lupi dal gruppo misto. Fra i partecipanti anche qualche deputato grillino e diversi che nel frattempo erano usciti dal Movimento.
Lo scopo è stato sintetizzato in una sorta di documento-appello:
“Il riacuirsi del contagio, accompagnato dalla proroga dello stato di emergenza, impongono la necessità di utilizzare tutte le risorse disponibile a favore del sistema sanitario nazionale, a partire dal Mes, senza rinvii. Per tali ragioni ti chiediamo di voler aderire all’intergruppo parlamentare “Mes subito”, nell’ottica della funzione centrale del Parlamento che attivi ogni iniziativa utile per scongiurare il rischio della perdita di fondi irripetibili per la sanità italiana. Lo dobbiamo ai nostri operatori sanitari, lo dobbiamo ai nostri cittadini, lo dobbiamo ai tanti studenti e specializzandi in medicina, lo dobbiamo ai nostri ricercatori”.
L’intergruppo metterà ora rapidamente a punto un documento finale di studio, redatto anche con il contributo delle regioni, da presentare al Governo e alle parti sociali per arrivare all’utilizzo dei 37 miliardi di fondi europei e per smentire tutte le bufale che circolano sul MES e che anche Conte ha ripetuto in conferenza stampa.
Al di là del suo significato immediato la mossa ha un preminente valore politico. Una prova, nemmeno tanto nascosta, di possibile nuova maggioranza parlamentare legata alla ricostruzione del Paese e che parta dal rilancio del sistema sanitario. Naturalmente, allo stato attuale, i numeri sono ben lontani dall’essere raggiunti ma la mobilità dei singoli e dei gruppi parlamentari è tale che se parte un progetto non è detto che non possa provocare un effetto valanga. Del resto si va sempre più estendendo, nel Paese e a livello politico, la convinzione che le posizioni populiste ed antieuropee non portino da nessuna parte ed anzi costituiscano un ostacolo insormontabile sulla strada del rilancio economico.
Possono aiutare in questa direzione anche alcuni movimenti che si stanno verificando in varie forze politiche. Nel PD l’uscita di Conte contro il MES ha provocato un mezzo cataclisma che per ora è rimasto sottotraccia ma che non per questo non ha possibilità di incidere. In Forza Italia la Carfagna si sta muovendo e insieme a Toti, che ha escluso dalla giunta ligure assessori del partito di Berlusconi, può aggregare frange disperse sul centro dello schieramento. I 5Stelle sono una polveriera con una parte di ortodossi sulle posizioni tradizionali e una parte disposta anche a trovare compromessi forti, pur di restare al potere.
Non è un caso che di fronte al nuovo intergruppo, nessun esponente di Lega, Fratelli d’Italia e Leu, abbia preso parte all’iniziativa. Come si usa dire, se son rose fioriranno. Intanto la sola possibilità teorica che il nuovo intergruppo sia una prova di nuova maggioranza può avere effetti benefici, nel senso da noi auspicato, sul governo. Conte, che ha già dimostrato di essere un uomo privo di principi, buono per tutte le stagioni e pronto a sposare qualsiasi causa se gli conviene, potrebbe riservarci anche qualche sorpresa.
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