Il risultato di questa tornata elettorale regionale è abbastanza semplice. La destra avanza ma non tanto quanto si immaginava. Il centrosinistra perde ma non quanto paventava. Il mondo del mezzo, fatto dal M5s e dalla sinistra più radicale, ha una netta battuta di arresto. E quindi c’è un consolidamento dei due blocchi contendenti. Questo dicono i dati. Ma dicono anche che le variabili locali e personali dei candidati Presidenti in molte situazioni hanno una influenza notevole nel risultato elettorale. Tutto qui. Non ci sono stati gli scossoni previsti. E, come era successo in Emilia Romagna, l’ultima delle regioni rosse, la Toscana, non cede alle lusinghe leghiste.
La risultante di tutto ciò è un pareggio fra le Regioni conquistate (che brutta espressione!) dai due poli duellanti e, cosa più rilevante, dà all’attuale maggioranza di Governo un viatico per andare senza grossi problemi politici alla fine della legislatura.
Questo mi sembra il succo “dell’analisi della tornata elettorale”. Ma vediamo se da questa analisi è possibile trarre alcune considerazioni più specifiche. Relative a problemi politici aperti nel paese.
La prima riflessione la dedico ai vincenti: il centrodestra. E’ un’area egemone in questo momento nel paese. Non passa elezione che il trio di centrodestra non allarghi la sua influenza sociale e territoriale. Ma a fronte di risultati eccellenti e all’ampliamento di spazio istituzionale in comuni e regioni il centrodestra non convince. Ha una forza d’urto “distruttiva” di grande presa. Ma riesce molto meno a delineare una alternativa credibile per il paese. Si vede poco la proposta “alternativa”. E’ un tema che il centrodestra farebbe bene a porsi. Anche per una credibile, e fattibile, alternanza alla guida del Governo nazionale.
La seconda riflessione agli assediati: il centrosinistra. Barcolla ma non molla. Sembra sempre sopraffatto ma alla fine resiste. Con le sardine, i voti utili, i voti disgiunti e i vecchietti delle ex case del popolo richiamati al voto dalla arroganza e certe volte anche l’incultura del centrodestra (perché concludere una manifestazione a Firenze con le bandiere italiane festanti? Il centrosinistra non è italiano? Suvvia!). Ma non viene in mente agli assediati di uscire dal Fortino? E cominciare a costruire qualcosa di nuovo e di più adeguato alle domande di oggi? Sarebbe l’ora.
La terza riflessione ai “terzopolisti riformisti”. Italia Viva e più Europa in Toscana, Azione e Italia Viva in Puglia e così via. Non ci siamo. Certo Italia viva ha avuto il coraggio di mettere la testa fuori. E qualche segno positivo c’è stato. Ma anche alcuni evidenti segni negativi. E’ oramai all’ordine del giorno la costruzione di un’area vera del riformismo italiano. Potrei dire tante cose. Faccio solo un elenco di nomi. Renzi, Calenda, Bonino, Cottarelli, Gori, Bentivogli, Carfagna, Brunetta ed altri ancora. E’ difficile metterli assieme? Si. Ma c’è un’altra possibilità? Non credo.
La quarta riflessione la dedico alla sinistra radicale. Questa volta rappresentata, almeno in Toscana, da due diversi partiti comunisti. Che hanno avuto come effetto unico la scomparsa della sinistra radicale nelle istituzioni. Niente di nuovo sotto il sole. Credo che non ci sia futuro per queste forze. Se non quella di una testimonianza nella società come per i “Testimoni di Geova”. Credo invece che ci sia uno spazio dentro il centrosinistra o anche dentro il PD come area di minoranza ma di una minoranza attiva e pensante.
Ed infine i grillini. Galvanizzati dal Referendum “tagliapoltrone” potevano mettere a frutto la loro proposta populista anche nel risultato elettorale. Ed invece, a parte il successo di pubblico della loro boutade, il m5s non ha retto i propri elettori che avrebbero dovuto votare solo per far vedere di esistere. E quindi molti elettori hanno scelto un voto utile. Si apre, per ilm5s, un periodo di scelta strategica. L’idea del partito né di destra né di sinistra regge oramai poco. Una scelta di campo, pur critica, pur non scontata si pone al movimento. E insieme alla scelta sembra sempre più probabile una rottura fra le due anime oggettivamente presenti fin dai primi momenti. Camuffata dietro un ragionamento populista ma non meno evidente nelle singole personalità e nella comunità militante.
Come si comporrà questo puzzle di soggetti, contenuti, strategie e tattiche dipende dal tempo e dall’avvento dei problemi dei prossimi anni. Ma dipende anche e non meno importante dal sistema elettorale che prevarrà nella prossima discussione parlamentare. Se prevarrà il proporzionale
diventeranno più forti le divisioni e le specificazioni delle forze politiche. Se invece vincerà il maggioritario le forze politiche, come accade nell’universo, saranno spinte da una forza gravitazionale verso un certo accorpamento. Sia per fusione che per federazione e coordinamento.
Staremo a vedere. Sarebbe l’ora di avere un sistema politico che esce dalle sperimentazioni e dalle prove ripetute per approdare ad un sistema ordinato e strutturato così da non diventare, esso stesso un problema fra i problemi presenti e futuri del paese.
Alessandro Petretto
Ottima disamina. Ma fino a che esiste la possibilità che Base riformista riesca a scalare il PD lo spazio per una forza centrale è risicato e perde anche contenuto culturale. Per ora non è così ma Base riformista ha i voti dei migliori sindaci e ha vinto in Toscana come dimostra Firenze, Prato, Empoli e altre aree. Molto dipenderà come dice Grassi dalle legge elettorale, ma anche dalla piega chr prenderà la politica economica nazionale e i programmi per Nextgen EU. In altre parole se prevarranno i Barca, Felice e Provenzano o I Tabellini, Padoan e Daveri sapremo dove devono andare i riformisti
giulio
Perfetta la disamina di Petretto. Il futuro del sistema politico italiano non sarà determinato dalle intenzioni o dalle velleità dei soggetti politici e/o personali, ma dal profilo e dai risultati dell’azione di governo
roberto pt
La sinistra è come sempre in mezzo al guado.
Il progetto del PD come contenitore di tutte le anime del centrosinistra è di fatto superato ma non se ne vuole prendere atto.
Un soggetto riformista credibile che possa allearsi con il PD non esiste ancora.
La parte riformista del PD è priva di un leader che le dia una qualche visibilità e si opponga a una linea vacua e incomprensibile.
Forse un congresso che discutesse solo di progetti e non dovesse occuparsi di eleggere i dirigenti potrebbe aiutare a capire la direzione da prendere.
Redazione Solo Riformisti
Analisi perfetta