Quello che manca è un patto di responsabilità nazionale per la scuola, che si poteva cercare in questi mesi di chiusura. Dai primi di agosto “Le Monde” ha dedicato sei pagine a Maria Montessori. Come si suole dire, “nemo propheta in patria”. Da noi sembra sia una emergenza la riapertura delle scuole il 14 settembre dopo sei mesi di chiusura: 190 giorni, un record mondiale.
Si aspetta il 25 di agosto per discutere di cose che potevano essere affrontate anche a giugno o a maggio, con le Regioni, con i Comuni, con i presidi, con le organizzazioni sindacali. Sul distanziamento, sulle mascherine, sui trasporti, sulle “fragilità” dei docenti, sulle coperture dei posti di docenza, sui trasporti, sui test si poteva discutere per tempo. Così come si poteva risolvere per tempo lo spettacolo consueto (di ogni inizio anno scolastico), delle mancate coperture delle cattedre, delle migliaia di supplenti, delle cattedre delle materie scientifiche scoperte.
No. Tutto si è concentrato sui banchi: acquistati come, a che prezzo e da chi non è dato saperlo; i vecchi banchi vengono distrutti perché siamo ricchi: non si possono dare a chi ne abbia bisogno o possa utilizzarli. Diamo per scontato che ci siano tests anti-covid rapidi per tutti gli stupendi e i professori? Ci sono laboratori con reagenti sufficienti a fare trecento – quattrocentomila esami al giorno ? Come si fa in una scuola a distinguere uno con una semplice influenza da uno affetto da virus? Ci affidiamo alla sensibilità delle famiglie?
Non si potevano con i soldi del Mes (5S permettendo) comprare termoscanner sufficienti in ogni scuola per non fare code e attrezzare laboratori e presidi medici territoriali? Ci sono vaccini antinfluenzali sufficienti per tutti ?
Non si poteva fare tutto per tempo in modo di presentare con largo anticipo alle famiglie il programma di riavvio della scuola, a pieno regime ? Sarò disattento ma i messaggi sono di grande confusione; basti considerare che un ministro propone di allargare il concetto di “congiunti” a tutti i compagni di classe e a tutti i colleghi di lavoro, et voilà, il problema del distanziamento sui mezzi pubblici di trasporto, a scuola e sui luoghi di lavoro è risolto. In Italia basta estendere il valore lessicale di una parola, ampliamo il suo significato ed ecco che con furbizia italiana debelliamo il covid-19. Nessuno nel mondo poteva arrivarci: in Italia, al ministero dei trasporti, l’hanno studiata per mesi e infine ci sono arrivati.
Ora, sarà perché mi fa disperare sul futuro di questo Paese, che ogni anno si cambi l’esame di maturità, fino a farlo diventare una incombenza puramente burocratica (perché non introdurre l’autocertificazione? si risparmia tempo e denaro), ma è possibile che ogni governo si inventi la scuola? In trent’anni quante riforme ci sono state? Berlinguer, Moratti, Gelmini, Buona scuola 1, Buona scuola bis, e vari provvedimenti assunti dai vari ministri. Dal 1994 (cosiddetta, seconda repubblica) abbiamo avuto Francesco D’Onofrio, Giancarlo Lombardi, Luigi Berlinguer, Letizia Moratti, Giuseppe Fioroni, Mariastella Gelmini, Francesco Profumo, Maria Chiara Carrozza, Stefania Giannini, Valeria Fedeli, Marco Bussetti, Lorenzo Fioramonti, Lucia Azzolina, ovvero tredici ministri con una durata media (ad oggi) di 24 mesi, quattro (4) mesi di durata in più di quelli della prima repubblica. Sai che successo ! Dal giugno del 1946 al 1994 (governo Berlusconi) infatti abbiamo avuto 29 ministri (fra i quali anche Mattarella) con durata media di 20 mesi,
In questi anni vi è stato un miglioramento della preparazione scolastica e del personale docente? E nei sei mesi di blocco delle scuole, si è annunciato che il Miur avrebbe assunto quasi 200.000 persone, docenti, personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA), educatori e dirigenti per il nuovo anno scolastico. E oggi, 14 settembre 2020, siamo ancora alle cattedre scoperte e ai supplenti da cercare.
Più personale significa una scuola migliore? Ne dubito. E anche se bloccano i trasferimenti per cinque anni, rimane uno squilibrio territoriale, accentuato da varie leggi, e un vuoto per molte cattedre come quelle scientifiche. Non parliamo dell’educazione artistica e musicale, dove le carenze sono macroscopiche.
Ed è bene sapere che l’abbandono scolastico non colpisce chi abita in via Montenapoleone, o ai Parioli. ma quelli che vivono a Gratosoglio o alla Magliana. Anche adesso, tutti, e dico tutti, si sono dimenticati che questo è il Paese europeo al primo (ripeto), al primo posto per numero di giovani tra i 15-29 anni che sono NEET “not in education, employment or training”: due milioni cento sedici mila pari al 23,4% della popolazione, più del doppio della media dell’Unione europea. Siamo davanti alla Grecia, alla Bulgaria, la Romania e la Croazia.
Prescindo dallo scandalo della chiusura delle scuole per sei mesi, ma mi chiedo che cosa succede adesso, alla riapertura a settembre, se in una scuola viene trovato un ragazzo positivo al covid-19: che misure vengono adottate, quali protocolli vengono seguiti, quali strutture intervengono: in definitiva mi chiedo se è stato predisposto un piano preciso di intervento sanitario, scuola per scuola, comune per comune, o siamo solo al distanziamento fisico e ai banchi con le rotelle.
Si butta via un miliardo di euro per i banchi, quando sarebbe il caso di affrontare, questo sì in uno sforzo di unità nazionale, il grande problema della scuola e della formazione nel nostro Paese. Che senso ha ogni anno discutere dei programmi dell’esame di maturità ? che senso ha che ogni governo introduca dei cambiamenti nei programmi e nelle impostazioni ? con questo abbiamo migliorato la formazione scolastica, abbiamo combattuto la dispersione, abbiamo creato le condizioni per un aumento dei laureati e formazioni professionali adatte alle nuove esigenze ? E tutte queste assunzioni nella scuola hanno senso ?
Dove esistono le classi pollaio di cui parla il Ministro ? Francamente se poi smettesse di twittare ne guadagnerebbe la sua credibilità: non depone a favore del suo curriculum di studi, definire come “infrazione”, una “effrazione”. Ma poi, invece di tante parole vuote sul Mezzogiorno, perché non adottare, bipartisan, un grande piano per l’edilizia scolastica, che avrebbe anche il vantaggio di produrre investimenti, patrimonio e lavoro, soprattutto nel Sud.
Tre scuole su cinque non hanno il certificato di collaudo statico, tre su cinque non hanno il certificato di prevenzione incendi, il 44% delle scuole sono senza omologazione della centrale termica, il 55% mancano del certificato di agibilità. Solo il 26% delle scuole hanno la refezione scolastica, solo il 41% risulta dotata di palestra (lasciamo stare le piscine!) A livello nazionale l’86% delle scuole è raggiungibile con i mezzi pubblici; ma sono di gran lunga sotto la media, le provincie in cui c’è la percentuale più alta di famiglie in condizioni di potenziale disagio economico (quei nuclei famigliari con figli, dove nessun componente è occupato o pensionato) e che quindi hanno difficoltà ad accompagnare i figli a scuola con mezzi propri. Basti dire che nelle provincie di Napoli e Trapani solo la metà delle scuole sono raggiungibili con i mezzi pubblici.
Un grande piano per la scuola, deciso bipartisan, sarebbe un grande aiuto per lo sviluppo del Mezzogiorno e del Paese. Questi mesi di fermo sarebbero stati una grande occasione per tutte le forze politiche per affrontare insieme in uno sforzo di responsabilità nazionale verso il Paese, con una consultazione diffusa di forze sociali e culturali, delle categorie professionali delle scuole e delle Università, un progetto di scuola e di formazione valido per i prossimi vent’anni, e valido per tutte le maggioranze politiche presenti e future. Abbiamo bisogno di sollevarci al di sopra delle beghe quotidiane e guardare al futuro con uno sforzo comune. La scuola e i giovani hanno bisogno di una politica lungimirante e unitaria: questa è la vocazione maggioritaria di cui c’è bisogno. Chi saprà interpretare questa necessità avrà anche un ritorno di consensi perché si presenterà come il partito che guarda alle prossime generazioni, al futuro dell’Italia, non alle prossime elezioni politiche. Su questa strada chi ha coraggio troverà anche il sostegno del Paese.
“La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte e buona fortuna”
(questo articolo con il consenso dell’amministratore del blog è ripreso da www.ilmigliorista.eu)
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