Riccardo Nencini ha una lunga esperienza politica. È stato varie volte al governo e ha guidato per lunghi anni il PSI. Attualmente è senatore eletto nel collegio di Arezzo. Gli abbiamo rivolto le stesse domande fatte a Marcucci per valutare le affinità e le diverse sfumature.
La maggioranza giallorossa ha quasi un anno di vita. Fino ad oggi è riuscita a compattarsi “contro”, prima contro Salvi poi contro il Covid ma entra in fibrillazione quando si tratta di fare una politica “per”. Può durare una situazione del genere a fronte dell’esigenza del rilancio del Paese?
Tra i grillini si confrontano due posizioni: una tradizionale, più antisistema, l’altra governativa. Resta il fatto che la loro visione non è ancora paragonabile ad una strategia riformista di governo delle società complesse. Manca il lungo respiro, irrealizzabile con i bonus e con le misure tampone. Per questo l’autunno può essere caldo.
Un esempio classico di questo stallo è rappresentato dal MES. Che ci sia il problema di rilanciare la sanità è riconosciuto da tutti. Come si può superare il NO ideologico dei 5Stelle
I ‘no’ ideologici non si superano nemmeno con le buone ragioni, purtroppo. Forse la paura che salti il governo potrà essere un deterrente.
Se cade questa maggioranza c’è spazio in Parlamento per nuove alleanze o c’è solo il voto?
Se avessimo una destra conservatrice, europea, altre maggioranze sarebbero possibili. Un governo di unità nazionale vincolato a un programma affronterebbe con più decisione la fase critica dell’economia italiana e la ricostruzione post Covid. Dubito che Salvini e la Meloni facciano quel che fece Giolitti nel 1916, nel bel mezzo dell’emergenza bellica.
A settembre insieme alle regionali c’è il voto sul taglio dei parlamentari. Il PD aveva condizionato il suo SI ad una riforma preventiva della legge elettorale. I tempi però stringono e anche in questo la maggioranza non è compatta.
Il taglio dei parlamentari, più che a una legge elettorale, andava vincolato a una costituente che rivedesse le fondamenta dello Stato ora che il Parlamento vive in sordina e l’esecutivo fa e disfa’, ora che i ‘governatori’ hanno occupato la scena a scapito dei sindaci. C’è di più: terremo il referendum in piena emergenza sanitaria in mezzo mondo. Mi chiedo come faranno a votare due milioni di italiani che vivono in Brasile e Argentina.
Ai tempi del centrosinistra la DC chiedeva al PSI l’omogeneità delle alleanze fra centro e periferia. Ora la stessa cosa la sta facendo il PD nei confronti dei 5Stelle. Condivide questa posizione?
Si può chiedere coerenza di alleanze locali e regionali se esiste un progetto politico condiviso per il futuro, ma questo governo non è nato per affinità tra Pd e Cinque Stelle.
Sono passati 20 anni dalla morte di Craxi, leader del PSI, e 10 dalla scomparsa di Cariglia, uno degli ultimi segretari del PSDI. Due leader riformisti che sia pure su posizioni differenti hanno cercato di compattare l’area riformista e laica. Un recente volume di Simone Visciola, edito da Marsilio, ricordando l’esperienza di Cariglia e del movimento socialista ha parlato di “Alternativa impossibile”. Le cose stanno ancora così o il PD potrebbe essere il perno centrale di una alleanza di questo tipo, riformista e europeista?
Il Pd non può immaginare di costituire da solo l’alternativa al centro-destra. Non ha i numeri e nemmeno la ‘vocazione maggioritaria ‘ veltroniana. E poi il quadro politico è cambiato. Il bipolarismo non c’è più. Il Pd può essere il perno di un’alleanza riformista, questo si, a condizione che i piccoli, dai socialisti a Renzi, da Calenda alla Bonino, si federino.
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