Come era facilmente prevedibile i lavori del Consiglio Europeo del 23 aprile hanno dato adito in Italia ad interpretazioni diverse. Ognuno ha cercato di tirare la coperta dalla sua parte. Per Conte e l’ala governista dei 5MS si è trattato di una svolta storica, per Gualtieri e il PD di un successo, per Salvini e la Meloni di una capitolazione di fronte all’odiatissimo MES. Nei prossimi giorni il dibattito si farà ancora più incandescente e le parole scorreranno a fiumi.
I fatti però hanno la testa dura. E i fatti dicono che il Consiglio europeo ha ribadito quello che era stato già deciso: nell’immediato per far fronte all’emergenza sono a disposizione gli strumenti già noti. E quello di utilizzo più veloce è il MES, al quale sono state tolte tutte le condizionalità, salvo l’utilizzo diretto ed indiretto per la situazione sanitaria. Da questo non si scappa e se l’Italia vuole avere subito 36 miliardi deve accettare di usufruire di questo strumento con buona pace dell’ala movimentista dei 5MS e di Salvini e della Meloni.
È vero però che dal Consiglio europeo una novità, complice la straordinaria emergenza indotta dal coronavirus, è venuta fuori: i 27 paesi della comunità stanno prendendo atto che di fronte ai grandi problemi, oggi quello sanitario ma domani anche, perché no, quello della competizione internazionale fra grandi paesi, è indispensabile trovare una linea d’azione comune. Da questo nasce l’idea dei Recovery Fund che sono un primo passo verso l’accettazione di dare vita ad un debito comune. Intendiamoci, nella formulazione ipotizzata e alla quale ora la Commissione dovrà dare sostanza, si tratta solo di un primissimo passo. La strada sarà ancora lunga e tortuosa ma di un primo passo si tratta. È un fatto importante che tutti quelli che guardano ad un’Europa finalmente unita non possono non valutare con soddisfazione.
Anche perché, e questo nei commenti del giorno dopo in pochi l’hanno messo in rilievo, questo primo passo è stato accompagnato da una considerazione fatta dalla Merkel davanti al suo Parlamento e che può essere riassunta così: per avere l’emissione di un debito in comune dobbiamo modificare il Trattato europeo, la modifica deve essere ratificata dai Parlamenti dei 27 Paesi e solo dopo possiamo trasferire dal livello nazionale a quello europeo voci di bilancio e relative responsabilità. In altre parole, un debito comune presuppone un consistente trasferimento di sovranità su spese e fisco.
Una strada lunga e non facile ma che farebbe finalmente nascere l’Europa unita.
Niente di più lontano quindi da quell’idea di Europa-bancomat che porta avanti buona parte della nostra improvvisata classe politica: dateci i soldi a fondo perduto e senza condizioni e noi li spendiamo come vogliamo.
Questi sono i fatti. Il resto sono parole. Ma è estremamente importante che si sia iniziato a fare questo tipo di considerazioni. Come è importante che queste valutazioni l’abbia fatte la Merkel, che ancora una volta ha dimostrato di essere una vera leader, pragmatica e concreta.
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