Un economista dal nome un po’ ostico (Marschak) fu pioniere delle teorie economiche sulle decisioni prese In situazione di emergenza e stabilì, anche, una curiosa correlazione tra economia e le altre scienze. Per farla breve, postulò ad esempio che nella sismologia, i progressi migliori derivassero da innovativi strumenti di rilevazione utilizzati durante i grandi terremoti e così, anche in economia, le teorie più innovative, necessitassero, per essere validate, di altrettanti sconvolgimenti.
Ovvero, fuor di metafora, l’economia si rinnova, quando un terremoto spazza via i modelli che ne hanno costituito le fondamenta in precedenza.
E Marschak teorizzava i suoi modelli sulla esperienza della grande recessione (1929), che aveva frantumato quelle aspettative di crescita economica infinita che avevano contraddistinto il primo dopoguerra.
Ci sono tristi analogie con i giorni di oggi, purtroppo.
Ma Marschak ricordava anche che i grandi cambiamenti economici, comportano anche profondi risvolti sociali. “Quando la gente non ritrova quella bussola che dava il senso e significato al proprio vivere, si rifugia in modelli ed ideologie rappresentate da leader autorevoli, che celebrano il mito di un passato glorioso”. Gli ultimi avvenimenti europei qualche spia di attenzione dovrebbero accenderla.
Oggi, come allora, stanno aumentando le diseguaglianze sociali, sale la disoccupazione e l’economia rallenta. Ecco perché l’Europa, oggi, ha una responsabilità sociale, prima che economica. Ci stiamo focalizzando unicamente sulla adozione dello strumento (economico) da adottare, un po’ come chi abita in una zona sismica e perde tempo con il vicino di casa a litigare se è meglio mettere i sacchi di sabbia sui muri o decidere chi ha più diritto ad andare negli appartamenti ai piani più bassi.
Nessuno si sta preoccupando di vedere se la abitazione è stata costruita secondo regole antisismiche e se queste regole sono ancora attuali.
Che peccato. Anche perché se un terremoto arrivasse davvero, non vedo nessun Marschak all’orizzonte..
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