L’ISTAT ha messo a disposizione con encomiabile sollecitudine i primi dati sull’andamento dei decessi – per qualunque causa e non solo per Coronavirus- dal primo gennaio al 21 marzo 2020 per una parte (1.084 su 5.866) dei comuni rilevati all’interno dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR): si tratta di un campione importante che consente alcune prime valutazioni che potranno modificarsi con l’aumento dei comuni rilevati e l’allungamento del periodo di rilevazione dei dati.
Mentre nei primi due mesi del 2020 la mortalità era in calo rispetto alla media degli anni precedenti, l’incremento osservato nel mese di marzo ha rappresentato una brusca inversione.
L’attenzione si è concentrata su quei comuni (per un totale di 1.084) con almeno dieci decessi da gennaio al 21 marzo 2020 che hanno fatto registrare un aumento dei morti superiore al 20 percento nei primi 21 giorni di marzo 2020, rispetto al dato medio dello stesso periodo degli anni 2015-2019.
L’incremento dei decessi per il complesso delle cause (per l’epidemia da COVID -19 che per tutte le altre naturali) emerge nelle statistiche solo dalla fine di febbraio e dalla prima settimana di marzo ed è concentrato nei comuni del nord e del centro in cui l’epidemia si è diffusa di più.
Per la drammaticità che l’esplosione improvvisa della pandemia in Lombardia ha assunto nel contesto nazionale ed internazionale abbiamo concentrato l’attenzione in questa prima nota sui dati di quella regione.
In quella regione tra il 1° ed il 21 marzo i morti sono cresciuti da 3.520 a 8.587 con un incremento di oltre il 140% , più accentuato per i maschi (190%) rispetto alle donne (+106%)
Maggiormente colpite – come abbiamo quotidianamente appreso con angoscia dalla televisione – sono state le province di Bergamo (+450%) dove si è passati da 450 a quasi 2.500 morti, di Cremona (+ 285%), Lodi (+ 257%) e Brescia (quasi +190%): tutte le altre province segnato incrementi comunque rilevanti ma decisamente minori di quelle rilevate nel cuore della crisi, fino al minimo di Milano (+ 41%), passato da 1.500 a quasi 2.200 decessi.
Sono disponibili i dati per solo 7 capoluoghi su dodici (mancano Varese, Sondrio, Como, Lecco e Monza ) ma tra questi ci sono tutti quelli dove il Coronavirus ha colpito più duramente. Tutti i sette capoluoghi mostrano un aumento di decessi nettamente inferiore a quello degli altri comuni della provincia.
Riportiamo di seguito gli incrementi dei decessi nei capoluoghi indicando tra parentesi quello della provincia: Bergamo +294% (454%), Cremona 152%(285%), Brescia 110% (1895), Pavia 42% (138%),
Mantova 22%(77%), Lodi 19% (247%) e Milano 17% (425%).
Si può ragionevolmente concludere che ad essere più pesantemente colpiti sono le realtà comunali di dimensioni demografiche più contenute: questo dicono i dati di Codogno (+400%), Crema (+348%), Mortara (+400%), Nembro (+1.000%) Manerbio (+575%)..
Considerando la classe di età dei deceduti si conferma il maggiore incremento dei decessi delle persone più anziane: quelli degli ultrasessantacinquenni sono cresciuti del 150%, non troppo distante dalla media generale del 144%. Se distinguiamo per classe d’età vediamo che l’aumento tra 65 e 74 anni è stato del 163%, tra 75 ed 84 anni del 182% mentre oltre 85 anni è stata “solo” del 125%.
La dura contabilità dei decessi richiederà approfondimenti epidemiologici per distinguere quanti sono morti a causa del coronavirus e quanti, in condizioni gravi per preesistenti o sopravvenute patologie, sono deceduti per questi essendo anche stati contagiati: intanto si può dire che a fronte dei 5.000 morti in più nel periodo considerato e riferiti ai soli comuni considerati ( 484 su un totale di 1.506) i deceduti per coronavirus riferiti all’intera regione secondo nostri calcoli sui dati forniti dalla Regione nello stesso periodo 1-21 marzo sono stati 3.425. Questa differenza potrebbe essere la conferma di quanto dichiara con tutta la sua disperazione ormai da settimane il sindaco di Bergamo che i deceduti per/con coronavirus sono più numerosi di quelli dichiarati dalla regione?
Repetita juvant: si tratta di un campione importante che consente alcune prime valutazioni che potranno modificarsi con l’aumento dei comuni rilevati e l’allungamento del periodo di rilevazione dei dati.
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