Dicono tutti che non è il momento delle polemiche. Giusto, dovrebbe essere – sempre, ma in questo momento, in particolare – il momento del senso di responsabilità, soprattutto di chi ricopre incarichi istituzionali.
Buona norma sarebbe quella di annunciare, con chiarezza e con adeguate motivazioni, le decisioni prese., non quelle ancora da prendere. Che senso ha annunciare che “L’ampliamento della zona rossa in Lombardia è più di un’ipotesi. Il comitato tecnico scientifico della Protezione civile sta valutando attentamente la situazione alla luce dei dati che si registrano”, come ha spiegato ieri il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro ? Ieri la Regione ha detto agli over 65 di stare in casa, poi in serata da Roma è arrivato l’invito alla clausura solo per gli over 75.
Oggi sul telefonino, alle ore 14,46, mi arriva questa nota della “BBC Breaking News”: (traduco letteralmente): “Il ministro italiano dell’istruzione afferma che la decisione di chiudere tutte le scuole – riferita dall’agenzia di stampa italiana Ansa e da altre fonti – non è stata ancora presa, ma sarà decisa” nelle prossime ore “. Vi pare normale, una dichiarazione così ? In realtà, molto spesso prevale la ricerca della presenza mediatica, infischiandosene dell’impatto della comunicazione.
Senza alcun senso, se non di esagerazione comunicativa all’eccesso, si fa la riunione presso la protezione civile , convocando tv e giornali: una riunione che doveva essere tenuta a Palazzo Chigi per indicare le prime misure per fronteggiare il contagio da coronavirus. Ma se il governo amplifica la riunione in questo modo (sotto la guida del sagace politico cresciuto con il grande fratello, tal Rocco Casalino), crea un allarmismo ingiustificato: siamo alla terza guerra mondiale per cui il governo si riunisce alla Protezione civile?
Ma tutta quella enfatizzazione della riunione, per me nascondeva l’impreparazione ad affrontare il problema: senza credibili piani nazionali e regionali, magari graduati e graduali.
Che senso ha da parte di Conte, andare in ben 16 trasmissioni diverse nella domenica dei primi contagi se non quello di usare mediaticamente la situazione?
In realtà siamo in presenza di un ceto politico improvvisato, demagogico, facilone. Riecheggia il mantra della Lega fino a pochi giorni fa (21 febbraio) : “Chiudere, blindiamo, sigilliamo i nostri confini “ e poi si lamentano se gli altri Paesi sospendono gli scambi di persone e merci con l’Italia. Poi ( 27 febbraio) “Aprire, aprire, aprire, tornare a correre. Riaprire tutto quello che si può riaprire, rilanciare”, nel mentre il leghista Fontana chiude tutto per un’altra settimana. Il quale poi si fa fotografare con la mascherina, per di più messa male: che senso ha, se non quello di andare su tv e giornali, senza rendersi conto che crea allarmismo e un danno dell’immagine di Milano e della Lombardia ? Perché se persino il governatore della Lombardia si fa fotografare così, ha ragione Trump a dire di non andare in Italia perché è pericoloso.
E diventa più persuasivo il governatore del veneto Zaia se dice che, a differenza di noi che facciamo la doccia, i cinesi si lavano poco, sono sporchi e mangiano i topi vivi ? O pensa così di buttare lì delle frasi a capocchia per raccogliere il consenso dei veneti?
Ci vorrebbe serietà, cautela, ponderazione, buon senso, né allarmismo né sottovalutazione. E la stampa come aiuta l’Italia? “Italia infetta – Esplode il contagio” (il Giornale); “Prove tecniche di strage – il governo agevola la diffusione del virus” (Libero); “Mezza Italia in quarantena” (la Repubblica); “Avanza il virus, Nord in quarantena”( Il Messaggero); “L’emergenza – Virus: il Nord nella paura” (la Repubblica); “Contagio e morte, il morbo è tra noi” (Il Giorno); “Virus al Nord, chiusure e blocchi” (Corriere della Sera); “Virus, è stato di emergenza” (Corriere della Sera); “Vade retro virus” (Libero); “Virus, ora si esagera- Diamoci tutti una calmata” (Libero).
E vogliamo mettere la confusione che provocano i talk show ?
Di fronte allo sovrabbondanza di dichiarazioni di esperti, Aldo Grasso ha scritto sul “Corriere”: “in tv succede l’imponderabile: eccessi di narcisismo, scontri verbali, sopravvalutazioni del fenomeno, sottovalutazioni del medesimo, lunghissimi dibattiti nei talk show invece di essere nei luoghi di lavoro , una sorta di pandemia di presenzialismo…. Stiamo vivendo il periodo dei virologi, degli epidemiologi, degli infettivologi. Il coronavirus li ha mesi al centro della scena. E loro, con tutto rispetto, un po’ se ne compiacciono”.
Lasciamo poi stare la serie di dichiarazioni dei consulenti a Palazzo Chigi, alla Protezione civile, ecc.. E per favore, capisco che bisogna evitare la socialità, gli assembramenti, e dunque possiamo andare nei musei e luoghi di cultura, nei bar, nei pub, nei ristoranti a condizione che “i visitatori o i clienti devono poter rispettare la distanza di almeno un metro fra di loro”, ma, su tram, metropolitana, treno ed aereo, che facciamo? Un metro di distanza tra un passeggero e l’altro, sull’aereo? Per fortuna che gli italiani, pur di non essere maleducati e tenere a distanza gli incoscienti che ti stanno appiccicati a meno di un metro, non prendono più né aerei, né treni, né altri mezzi pubblici.
Ma vi rendete conto che, per giorni, alcuni pensavano di fare le partite di calcio a porte aperte, mentre le scuole erano chiuse?
Occorre aiutare tutti a capire la situazione, non bastano le tabelline con la fredda e arida contabilità dei morti e feriti. Bisogna spiegare le patologie e l’età dei deceduti; significa spiegare se i trattamenti di terapia intensiva sono dovuti solo al coronavirus o ad altre malattie concomitanti, e indicare le caratteristiche dei pazienti. Queste specifiche valgono anche per quelli ricoverati “con sintomi”, quelli in isolamento domiciliare e quelli guariti. Stiamo parlando di un migliaio di dati, facili da raccogliere.
Parlare dopo aver preso le decisioni e con dati alla mano, per evitare una informazione generica, che rischia di creare allarmismo, sfiducia, diffidenza, scetticismo o addirittura riserve aperte sulle misure indicate dalle autorità. L’autorevolezza si conquista con la responsabilità, non con le apparizioni mediatiche.
Paolino Casamari
(questo articolo con il consenso dell’autore è stato ripreso dal sito http://www.ilmigliorista.eu)
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