Chi ha la fortuna (o la sfortuna) di fare un lavoro come il mio, che mi occupo di consulenza patrimoniale, ricorderà la settimana trascorsa come un incubo.
Userò una metafora: siamo in un parco con la famiglia, è una bellissima giornata di sole, l’aria è piacevolmente frizzante, abbiamo un delizioso pranzo al sacco, consultato le previsioni meteo, che danno solo un po’ di brezza e i fiori attorno a voi stanno per esplodere di colori e profumi.
Azzardiamo vestiario leggero e in effetti la mattinata trascorre godendo il tepore del sole sul viso. Poi nel giro di pochi minuti il cielo da azzurro comincia a farsi fosco, impercettibili e soffici nuvole si addensano in cirri minacciosi e grigi. Non si ha nemmeno il tempo di raccogliere le proprie cose che un tornado si abbatte all’improvviso. Vola di tutto in aria, nella furia del tifone, il fatto di essere più o meno fradici assume importanza secondaria. I fiori dai colori vivaci sono volati chissà dove, il prato è bruciato dalla violenza della natura.
Penso di aver reso l’immagine.
I mercati finanziari della scorsa settimana hanno numerose analogie con questa situazione.
Un tifone volgarmente detto coronavirus, ma scientificamente chiamato “panico da vendite”, si è abbattuto su tutti i parchi mondiali (mercati finanziari). Non si vedeva così violento dal 2008. E ha fatto grossi danni. Persino il parco più “visitato” al mondo, (mercato azionario USA), ne è uscito massacrato: in una settimana ha perso il -13,2%. Ma piange anche quello di Francoforte (-12,8%), di Parigi (-12,1%) e di Milano(-11,2%), come molti altri ancora. Persino i parchi più riparati detti comunemente “dei beni rifugio” e delle “materie prime” non sono stati risparmiati.
Ma se in natura i colpevoli dei tifoni sembrerebbero i mutati fattori climatici, in finanza invece, sono i mutati meccanismi di vendita dei fondi, che negli ultimi anni sono sempre più condizionati dai robo-advisor che scattano sulla velocità di discesa di un indice. Per essere più chiaro: più velocemente scende un indice e più chi detiene masse amministrate (i grossi fondi, appunto) se ne libera alla svelta. Ma un conto se lo fa uno solo, se lo fanno tutti, contemporaneamente, si ha un effetto valanga.
Situazioni analoghe erano già successe negli anni scorsi, poi il mercato ha sempre trovato la forza di ritornare e superare i livelli da cui era “collassato”.
Ma ci vuole tempo. Nella precedente epidemia di Sars ad esempio, ci vollero sette mesi. A mio avviso, però, ci vuole soprattutto fiducia, che non è un mero atto di fede, ma la convinzione che in natura una grandinata, per quanto violenta, può distruggere un raccolto, ma mai la capacità della terra di dare ancora frutti.
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