L’andamento del prodotto interno lordo già destava preoccupazioni ed era al centro dell’ attenzione, pur in presenza di altri indicatori economici positivi, quando si è avuta la diffusione del coronavirus con il conseguente generalizzato rallentamento delle attività economiche.
Spero che abbia ragione Alviero, autore di un articolo su “debito e coronavirus” che intravede un possibile beneficio per la sottoscrizione del nostro debito pubblico che riesca a contenere i danni per la mancata crescita del Pil, di cui vado a parlare.
Ma cerchiamo di riepilogare.
L’ attuale Governo era riuscito ad evitare l’aumento dell’Iva, il cui corrispettivo si trovava già -come noto – inserito tra le previsioni di entrata, senza togliere fondi ad altri settori, ad esempio al reddito di cittadinanza o a “quota 100”, per citare i due interventi più costosi introdotti dalla precedente coalizione di governo.
Il finanziamento di tale mancato introito, avvenuto subito prima della legge di stabilità di fine 2019, si è verificato nell’ ambito di un trend positivo per le entrate dello Stato, confermato a metà febbraio dalla Banca d’Italia, che ha reso nota la diminuzione del debito pubblico.
Ma per una valutazione complessiva dell’andamento economico si è soliti esaminare il rapporto tra debito pubblico e Pil annuale ( valore totale dell’ attività produttiva di un paese nell’ arco di un anno) che come è noto finora stava crescendo ben poco, con conseguenze negative sull’occupazione e sul tenore di vita della nostra popolazione. Soprattutto i giovani sono danneggiati dalle minori prospettive occupazionali.
Gli esperti di economia ci dicono che il rapporto debito/Pil è utilizzato come strumento per misurare lo “stato di salute” di un Paese, soprattutto da quando gli Stati aderenti all’Unione monetaria sono tenuti a mantenere tale rapporto entro il 60% e, nel caso in cui non si rispetti tale limite, il bilancio dello Stato deve essere sottoposto all’ approvazione degli organi dell’Unione Europea. E l’Italia ha un rapporto debito/Pil intorno al 136%.
Positivo per il rapporto che sia diminuito il numeratore della frazione (il debito), ma la mancata crescita del denominatore (Pil) è più rilevante.
Inoltre è evidente che l’aumento del Pil influirebbe positivamente sull’ andamento delle entrate e la sua diminuzione, che si prevede a causa dell’attuale emergenza sanitaria, avrebbe come ripercussione una diminuzione delle entrate, accentuata peraltro dai necessari sgravi fiscali per le attività colpite dagli effetti del coronavirus.
Ad ogni approvazione di bilancio rileviamo inoltre che il Pil annuale viene rapportato anche con il deficit annuale, che misura la differenza tra le entrate dello Stato e le spese pubbliche, tra cui gli interessi da pagare a favore dei sottoscrittori dei titoli del debito pubblico, che va a finanziare il deficit prodottosi anno per anno (e qua sta il collegamento tra tali parametri) che, secondo le indicazioni della Ue, deve rimanere al di sotto del 3% del Pil. E ci ricordiamo del braccio di ferro all’ inizio del governo giallo-verde per il suo contenimento al di sotto di tale limite, necessario a causa dell’entità del nostro debito.
Comprendiamo perciò che non basta frenare la spesa pubblica ed aumentare le entrate, ma occorre incentivare la ripresa economica, misurata appunto dall’ aumento del Pil.
In tal senso interpretiamo la dichiarazione del Ministro dell’Economia e delle Finanze, rilasciata subito dopo i dati Banca d’ italia, secondo la quale, pur in presenza delle notizie positive sul debito pubblico, il quadro generale non è positivo poiché l’ Italia, anche se non è in recessione, è ferma, pur sottolineando Gualtieri la fiducia nelle misure previste dal governo.
La legge di bilancio nel dicembre 2019 aveva ipotizzato nel 2020 un Pil in aumento dello 0,6%, difficilmente realizzabile, considerato anche che la Commissione europea prevede un aumento dello 0,3. Si leggeva peraltro da giorni sui siti specializzati che gli indicatori economici non sembrano promettere un mutamento di clima più favorevole.
E in questa situazione si sta abbattendo la tegola del coronavirus, con le sue implicazioni economiche a tutto campo, dalla produzione, al commercio, al turismo, ai trasporti ed a quasi ogni campo.
Già alcune agenzie azzardano previsioni di decremento del Pil con conseguenze recessive e fanno decisamente propendere, purtroppo, per un quadro futuro negativo.
Ma, tornando ai vari appuntamenti istituzionali e alle dichiarazioni di pochi giorni fa, ricordiamo che il Ministro, di fronte al dato positivo delle entrate e alle prospettive di scarsa crescita economica aveva detto che quello che deve migliorare sono le politiche attive, con riferimento evidente a politiche espansive.
Il governo perciò già metteva in rilievo la necessità di attivare misure, ad esempio fiscali, per la ripresa economica e politiche di investimento anche nell’ambito di quella che è stata definita ed invocata come grande alleanza tra pubblico e privato.
Intanto c’ è chi ha proposto qualche giorno fa una cura shock per l’economia e l’ ex-premier Renzi ha proposto l’ attivazione di 100 grandi cantieri per la realizzazione di opere pubbliche da affidare a commissari straordinari. Si tratta di una proposta opportuna, degna tuttavia di qualche riflessione.
Già il Vice-Ministro dell’ economia Buffagni, con molta minore capacità mediatica, aveva avazato proposte in tal senso nell’ ambito di alcune dichiarazioni (anche esse shock per il livello di inefficacia dell’azione amministrativa) contenute nel rapporto alla Camera sulle grandi infrastrutture prioritarie. In tale sede ha evidenziato che soltanto il 21% delle opere sono state completate a 20 anni dalla legge-obiettivo. Perciò il governo vorrebbe accelerare procedure di approvazione dei progetti al fine di rilanciare gli investimenti e quindi, cercando una strada per affrontare tale situazione di stallo, anche il Viceministro allo sviluppo economico Buffagni ha rilanciato l’ipotesi di interventi straordinari, proponendo di adottare il modello spagnolo per cui verrebbero dati ai comuni risorse da spendere immediatamente a fronte di progetti che possono essere subito messi in cantiere.
C’ è quindi convergenza sulla necessità, intanto, che lo Stato dia impulso alla ripresa economica, o – di fronte al nuovo scenario sanitario – cerchi di frenare la tendenza alla recessione, a mezzo di un programma di lavori pubblici di pronto inizio, anche con la nomina di Commissari dotati di poteri straordinari.
Del resto non è una una novità .
Già in occasione dei mondiali di calcio o del Giubileo si era proceduto in tal senso ed anche il governo Berlusconi aveva previsto un piano di opere pubbliche, da attuarsi a mezzo di commissari straordinari. E così sono state completate la variante di valico Firenze Bologna, il passante di Mestre, l ‘ Alta Velocità.
E così per l’ unico ampliamento avvenuto dell’ Aereoporto di Firenze Peretola oltre venti anni fa.
Ovviamente anche per il Ponte Morandi, per l’ Expo e per recenti eventi sismici si è proceduto a mezzo di commissari straordinari.
L’ emergenza economica attuale e la crisi da coronavirus fa ritenere giusta la scelta di procedure straordinarie.
Ma occorre anche pervenire alla sconfortante constatazione che con le vigenti normative e, aggiungiamo, con l’attuale funzionamento della pubblica amministrazione ben poco si può realizzare in tempi accettabili.
L’ urgenza di favorire la crescita del Pil è ora pressante ed ha la precedenza in questo momento, ma non dobbiamo rinunciare anche a fare il possibile per migliorare il normale assetto della materia dei lavori pubblici, senza ricorrere con tanta frequenza a provvedimenti eccezionali ! Ma questo è un altro ben complesso discorso.
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