Quello che mi ha colpito della Brexit ormai imminente è una dichiarazione del Sig. Nigel Farage che avrebbe detto, più o meno (riporto Agenzie) che dopo aver sconfitto Napoleone e Hitler non potevamo sottostare alla Von Der Leyen.
Ovviamente si riferiva alla battaglia di Waterloo (1815) e alla battaglia di Inghilterra ( 1940).
Stupisce il ricorso alla memoria di fatti lontani se non lontanissimi.
Metto in relazione questa dichiarazione a quella che sentii fare dal serbo Milošević nel discorso di Gazimestan pronunciato il 28 giugno 1989 dall’allora presidente della Serbia (non paragono affatto i due personaggi politici ma narro solo un fatto storico) quando per giustificare l’annessione della Bosnia rievocò, per arringare le folle, incredibilmente un fatto storico antichissimo accaduto nel 1383 e cioè la battaglia della piana dei merli quando l’esercito ottomano distrusse l’esercito serbo e pose fine alla sua indipendenza per svariati secoli.
Da quel discorso trasse purtroppo l’avvio una epurazione etnica quale non si vedeva dalla 2° guerra mondiale e che tiene la Serbia ancora relegata tra gli ultimi paesi di Europa quanto a povertà.
Secondo questo schema il Sig. Farage avrebbe potuto anche fare riferimento alla guerra dei cent’anni con la Francia mentre l’Italia, dal canto suo, potrebbe rimandare a diversi fatti del genere visto che di scorrerie lo stivale ne ha viste parecchie da Alarico in poi e quindi a vario titolo potrebbe nutrire rancori con Francia, Austria, Germania e Russia e pure la Cina ( visto che gli Unni arrivarono da colà) .
Tutta roba ormai, direi, da letteratura d’appendice.
Il punto è che questi richiami alla storia patria convincono fino ad un certo punto; anzi, non ci convincono per nulla.
La questione vera, il nervo scoperto è altro: la percezione è che l’Europa sia a guida tedesca; e se fosse davvero così molti degli attuali paesi dell’Unione potrebbero rivendicare a buon diritto ragioni per non voler più aderire alla UE . Per l’inciso, Il Belgio fu trasformato un campo di rovine nella prima guerra mondiale iniziata dalla Germania, l’Olanda fu pesantemente occupata nella 2° guerra mondiale , la Danimarca pure e la Francia per un soffio non fu annessa (convintamente, col governo di Vichy) la Grecia infine fu massacrata dai tedeschi. Eppure nessuna di queste nazioni ha chiesto di uscire : almeno le classi politiche che attualmente le dirigono non lo vogliono.
Vediamo di ragionare senza porre mente alla storia e alla letteratura più intrigante.
Premetto che non sono un filo tedesco anzi, sono nato e vivo in territori dove si vedono ancora i segni dolorosi della seconda guerra mondiale : Marzabotto, Monte Castello,ad es. e so bene che la Germania tuttora , con palese ipocrisia, si duole a parole dei crimini commessi dal suo esercito di occupazione ma poi non risarcisce le vittime degli eccidi (ad es. di Sant’Anna di Stazzema ) e si difende in giudizio, con successo purtroppo, per non riconoscere un solo euro di indennizzo alle comunità danneggiate dalle scorrerie delle SS dicendo che non deve rispondere per fatti dei singoli
Premesso questo occorre liberarsi dai lacci del risentimento storico.
Secondo uno schema generale possiamo dire che chi ‘comanda’ un ente ne trae anche un beneficio diretto : nelle società commerciali , non public company ,gli azionisti di maggioranza destinano gli utili a sè stessi o almeno fanno in modo che non vadano, in buona misura, alla minoranza; nelle public company i manager hanno un ‘diritto di prelievo’ (furono parole del compianto amico Avv. Guido Rossi) che fa sì che il loro stipendio annuo sia, senza suscitare nessun scandalo, di almeno 100 volte quello degli impiegati che dirigono; negli enti non profit i benefici non distribuibili vengono distribuiti sotto forma di incarichi, mentre negli enti pubblici economici vige lo Spoil system per le alte dirigenze così che la classe politica che governa imporrà il suo dirigente che a sua volta avrà un debito di riconoscenza a vita verso il primo ( ricordiamoci anzi che ad Aprile 2020 c’è da rinnovare centinaia di alte nomine in Italia )
Quindi chi comanda trae diretto beneficio dal suo comando.
I dati ufficiali però dicono altro: la Germania ha esportato per il 59 % all’interno dell’UE: Francia 8 % e Paesi Bassi 7 %; nei paesi extra-UE ha esportato invece per il 9 % negli Stati Uniti e per il 7 % in Cina. La Germania ha importato per il 66 % dagli Stati membri dell’UE: Paesi Bassi 14 %, Francia 6 % e Belgio 6 %; dai paesi extra-UE ha importato invece per il 7 % dalla Cina e il 4 % dagli Stati Uniti , la spesa totale dell’UE in Germania: 10,927 miliardi di euro- Spesa totale dell’UE in % del reddito nazionale lordo della Germania (RNL): 0,33% – contributo complessivo della Germania al bilancio dell’UE: 19,587 miliardi di euro – contributo della Germania al bilancio dell’UE in % del suo RNL: 0,59% (dati 2017 fonte https://europa.eu/european-union/about-eu/countries/member-countries/germany_it )
Secondo questi dati non ci pare che comandi.
E allora?
Piuttosto che dire (nella vulgata di Nigel Farage) che la Germania ‘comanda’ la UE diciamo piuttosto che i tedeschi ci guadagnano nel fare parte della UE : guadagnano sì, ma non con lo stesso criterio con cui guadagnano coloro che ‘comandano’ gli enti
Guadagna perchè ha una capacita produttiva che si traduce in maggiore esportazione di beni più pregiati; guadagna perchè non trae benefici tanto dalla finanza (come ha fatto Londra che ha fatto del mercato finanziario una delle maggiori fonti di ricavi mentre ha ridotto coi governi conservatori via via il peso della sua industria nazionale ) quanto dall’industria e dai servizi.
La questione è che la Ue non piace ai tanti Nigel Farage non perchè è a guida tedesca ma perchè occupa uno spazio economico all’interno del quale la Germania ha saputo trarre più dell’Inghilterra ( o dell’Italia) maggiori benefici.
Ed ecco allora la formula dei nazionalisti inglesi: uscire per competere.
Tuttavia mi chiedo come farà una economia sbilanciata sui servizi finanziari e sul mercato interno a farcela se non otterrà condizioni di favore dal suo confinante.
Questa è la nuova battaglia dell’Inghilterra di Nigel Farage
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