Questa volta ci addentreremo in una questione sospesa tra la matematica e la speculazione filosofica: le geometrie non euclidee.
La parola “geometria” non ha certo bisogno di presentazioni, tutti impariamo sui banchi di scuola la sua etimologia, da ricercarsi nell’origine stessa di questa scienza, che nacque dall’esigenza dei popoli antichi di stabilire rudimentali regole in grado di fornire la misura dell’estensione delle loro terre.
Quanto all’aggettivo “euclidee” è evidente che si stia chiamando in causa il più inarrivabile studioso di geometria di tutti i tempi, Euclide appunto, che visse intorno al 300 a.C. fondatore della Scuola Alessandrina e iniziatore dell’assetto assiomatico delle teorie matematiche.
Questo modo di procedere, partendo da assiomi indimostrabili e costruendo teorie matematiche su tali premesse, è stato universalmente applicato a tutte le discipline scientifiche. Naturalmente quello che a noi pare scontato fu motivo di aspri scontri fra le varie accademie, poiché molti colleghi di Euclide rifiutavano nettamente un tipo di geometria impostata a partire da assiomi, per definizione non dimostrabili.
Alla fine però Euclide prevalse divenendo principe incontrastato di punti, rette e piani. La sua grandezza venne riconosciuta al punto che, nella storia della geometria, si distinguono nettamente due periodi: quello pre-euclideo e quello euclideo.
Fu grazie a lui che la geometria cessò di essere un ramo di pura ricerca filosofica e divenne invece parte integrante di un pensiero scientifico che cominciò a svilupparsi in modo autonomo e, cosa ancora più importante, divenne indipendente dall’esperienza, assumendo in tal modo tutta la potenza della generalizzazione.
Di Euclide abbiamo una eredità immensa: la sua opera grandiosa si compone di tredici libri contenenti una trattazione logica e organica, con una nuova coordinazione dei primi concetti geometrici di spazio e figure spaziali.
Questo è in assoluto il testo scientifico più longevo della storia, rimasto sostanzialmente valido per oltre duemila anni.
Ma tra i vari postulati, uno in particolare mise in crisi lo stesso Euclide, che non a caso negli Elementi usò esclusivamente i primi quattro per costruire le 28 proposizioni alla base del corpus di teoremi intitolati dall’autore Geometria Assoluta.
Sappiamo dal liceo che per postulato si intende un principio indimostrato la cui validità è ammessa a priori, allo scopo di fornire la spiegazione di determinati fatti o di costruire una teoria. Ecco i cinque pilastri su cui si fonda l’universo geometrico:
- Per due punti passa una e una sola retta;
- Ogni retta può essere prolungata indefinitamente;
- Dato il centro e il raggio, esiste uno e un solo cerchio;
- Tutti gli angoli retti sono uguali;
- Se una retta forma con altre due da una stessa parte angoli interni con somma minore di due angoli retti, allora quelle due rette si incontrano nello stesso semipiano.
L’ultimo postulato è noto anche come il Postulato delle parallele, poiché da esso segue la dimostrazione dell’esistenza di almeno una parallela, per un punto, ad una retta data.
Su un piano data una retta ed un punto fuori di essa, dal punto è possibile tracciare solamente una parallela alla retta data.
Dal II al V postulato segue anche che in un piano esistono rette che non s’incontrano e che sono dovunque equidistanti.
Per molto tempo i matematici furono convinti che il postulato delle parallele non fosse indipendente dagli altri.
Purtroppo però si riusciva solo a dimostrare l’esistenza di tale retta parallela, ma non la sua unicità.
Euclide stesso consegnò all’umanità il Quinto Postulato col dubbio che fosse derivabile dagli altri quattro. Posidonio(135 a.C. – 50 a.C.) cercò di aggirare il problema cambiando la definizione di rette parallele: due rette parallele sono due rette che giacendo sullo stesso piano e venendo prolungate indefinitamente, mantengono sempre la stessa distanza tra loro.
Tale tentativo fallì miseramente, perché la definizione di parallelismo utilizzata da Posidonio è differente da quella di Euclide.
Successivamente si cercò di risolvere il problema sostituendo il quinto postulato con un altro asserto, per poi dimostrare quest’ultimo e i teoremi provati con l’ausilio di questo, lasciando intatto il resto dell’opera euclidea.
Un altro fallimento, perché nella maggioranza dei casi la dimostrazione si basava su ipotesi che andavano a sostituire il Postulato.
Proclo (412-485) tentò una dimostrazione ma non riuscì mai a provare che due rette parallele sono equidistanti.
La questione dell’indipendenza del Quinto postulato dagli altri quattro tenne impegnate le più grandi menti matematiche per oltre 2000 anni.
Ma con lo srotolarsi del tempo, e con il maturare del pensiero logico e matematico, si è affermato un approccio più moderno alla geometria elementare, un approccio di tipo ipotetico – deduttivo, che differisce in profondità dalla precedente visione.
Fondamentale è l’intervento di un matematico italiano, padre Girolamo Saccheri (1667 – 1733), il quale non cercò di sostituire il quinto postulato con un asserto simile, ma seguì un procedimento logico diverso dagli altri.
Ipotizzò infatti la negazione di tale postulato, sicuro di pervenire ad un assurdo.
Nel suo trattato, Euclide ab omni naevo vindicatus tentò di togliere l’unico “neo” nell’opera euclidea, cioè dare una dimostrazione del Quinto Postulato.
Descrivere il procedimento usato dal gesuita sanremese in questa sede risulterebbe macchinoso e comunque inutile, dato che è possibile trovare la dissertazione completa ed esatta sia su libri cartacei sia comodamente in rete.
Saccheri pensò di aver dimostrato il quinto postulato, ma in realtà arrivò a descrivere due geometrie che non lo contenevano.
Quasi un secolo più avanti, queste geometrie saranno rispettivamente definite Geometria Ellittica e Geometria Iperbolica.
L’opera di Saccheri rappresenta un punto di svolta per almeno tre ragioni: per aver inaugurato in modo inconsapevole la sintesi effettiva delle Geometrie Non Euclidee, per aver aperto la strada alla possibilità di ipotizzare la non validità del quinto postulato, per aver avuto l’idea di fondare la validità di una geometria sulla sua non contraddittorietà logica e non sull’evidenza intuitiva.
Saccheri aprì le porte ad un impianto concettuale potentissimo, anche se morì convinto di aver sprecato la sua vita dietro insidie matematiche con poco senso. Il periodo illuminista vide rinnovare l’interesse per queste speculazioni.
Tra i molti che si cimentarono nella sostituzione del quinto Postulato con un altro, i più noti sono, Wallis (1616-1703) e Playfair (1748-1819) che elaborò la versione più conosciuta del quinto Postulato: Data una retta ed un punto non appartenente ad essa, esiste ed è unica una retta passante per il punto e parallela alla retta dato.
La meravigliosa storia di Euclide e dei tanti matematici che si avvicendarono nei 2200 anni successivi insegna, ancora una volta, che la scienza è fatta da uomini di ingegno ed intelletto fine, che cambia e non è mai dogmatica.
A questo punto la questione era scottante al punto che D’Alambert (1717-1783), uno dei più grandi matematici francesi di sempre, illuminista, miscredente, profondo conoscitore del latino, sublime traduttore di Tacito, schivo e tormentato, lo definiva senza mezzi termini “croce e scandalo della geometria elementare”. Verso la fine degli anni sessanta del XIX secolo, il dibattito sulla geometria si fece particolarmente acceso. Gli attori in scena sono di tutto rispetto.
Janos Bolyai (1802-1860), precocissimo genio ungherese figlio di un altro grande scienziato, Farkas Bolyai (1775-1856), fu matematico per passione e Ufficiale di Cavalleria per professione, ma anche violinista di talento e linguista di indubbie capacità, in grado di parlare correntemente ben nove lingue, tra cui persino tibetano e cinese.
Fu il primo a pensare alla possibilità concreta che potessero essere elaborate geometrie differenti da quella di Euclide. In queste problematiche si era addentrato giovanissimo, su incoraggiamento del padre, un matematico di vaglia amico e corrispondente di Gauss (1777 – 1855). La documentazione più importante per avallare le sue ricerche è proprio costituita dalla corrispondenza che Gauss tenne con la famiglia Bolyai e dai commenti ricavati dagli appunti personali. Questa amicizia tra grandi non è affatto strana. La scienza era ed è di per sé transnazionale e transfrontaliera, non è l’impresa del singolo studioso o del singolo paese, ma l’impresa di un’intera comunità scientifica e umana nel suo complesso.
Va invece a un matematico russo, Lobacevskji (1792-1856) professore e rettore dell’Università di Kazan a metà dell’800, di origini umili e dedito unicamente alla matematica, il merito di aver dimostrato la non dimostrabilità del postulato delle rette parallele a partire dai postulati precedenti. Non è un paradossale gioco di parole. Nella geometria di Lobacevskij, detta anche iperbolica, si postula che da ogni punto escano infinite parallele a una retta data.
Lo scienziato pagò addirittura con la propria salute e la propria reputazione le sue innovative idee geometriche, tanto era fideista la comunità matematica in quel periodo. Secondo una leggenda nera, un collega invidioso, Ostrogradski, brigò con altri accademici dell’università fino a farlo destituire dalla carica di rettore, dopo quasi venti anni di onorevole carriera. Caduto in disgrazia a causa della sua critica a Euclide si ridusse, ormai cieco, a dettare le sue opere ad assistenti di buona volontà. Per inciso, perfino Gauss, che studiò approfonditamente le opere di Lobacevskij, non ebbe il coraggio di pubblicare i risultati cui era giunto, perché temeva «le strida dei beoti». Detto questo, ricordiamo che Lobacevskij non aveva la minima idea dell’importanza che avrebbe avuto il suo lavoro per lo sviluppo della matematica. Nel 1840 aveva pubblicato uno studio di appena 61 pagine intitolato Ricerche geometriche sulla teoria delle parallele la succinta opera ebbe una grande diffusione nella comunità scientifica del momento, ma il mondo matematico non era ancora maturo per accettare critiche al carattere universale della geometria euclidea. L’ultima fatica del matematico Pangeometria, fu scritta solo un anno prima di morire. Lobacevskij sviluppò anche molte delle famigerate identità trigonometriche iperboliche con cui ci siamo dovuti tutti misurare al liceo.
Erano alcune di quelle formule che non riuscivamo mai a imparare a memoria. Naturalmente non possiamo pensare a una immagine concreta della geometria non euclidea costruita con enti geometrici considerati nel senso intuitivo della parola. E’ troppo lontana dai nostri limiti di comuni mortali a tre dimensioni e con poca fantasia. Non siamo tuttavia in presenza di uno strumento matematico completamente privo di applicazioni pratiche, per quanto possa sembrare astrazione purissima. Come abbiamo già dato modo d’intendere all’inizio di questo articolo, l’orizzonte delle geometrie non euclidee non è limitato alle teorie matematiche. Grande importanza hanno avuto nell’elaborazione della Teoria della Relatività, poiché per Einstein lo spazio-tempo è descritto localmente da una geometria ellittica, con la curvatura determinata dalla presenza di materia.
In questa geometria le rette sono finite e chiuse, e due rette sono sempre incidenti.
Per la descrizione dell’Universo nel suo insieme nessuna decisione può essere presa sulla base dell’esperienza riguardo a quale di queste geometrie si adatti meglio.
Localmente, cioè per distanze di pochi milioni di chilometri, esse si equivalgono, e la scelta di adottarne una piuttosto che un’altra è del tutto convenzionale e ricade sulla geometria euclidea per la sua maggiore semplicità di trattazione.
Gli studi condotti nel XX secolo da Klein (1849 –1925) e da Poincaré (1854 – 1912) hanno definitivamente confermato la assoluta coerenza logica delle nuove geometrie ed hanno mostrato l’indipendenza logica del Quinto postulato dagli altri.
E proprio nel Novecento si apre un altro capitolo dell’avventura di queste geometrie: la loro applicazione alla teoria della relatività generale, di cui parleremo diffusamente nel prossimo articolo. Con questo chiudiamo augurando a tutti di trascorrere delle festività serene con le proprie famiglie.
Ci ritroveremo nel 2020 con tante altre curiosità scientifiche sul mondo che ci circonda.
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