Si fa spesso riferimento all’immagine del Titanic, all’orchestrina che continua a allietare i passeggeri di prima classe mentre l’acqua entra nelle stive, per significare l’irresponsabile inconsapevolezza dei problemi reali. Se l’Italia fosse il Titanic appena toccato dall’iceberg, a cosa corrisponderebbe, nella metafora, l’acqua che entra dallo squarcio nella stiva? A me (e credo alla maggior parte di noi) verrebbero in mente, di getto: 1) un Paese che non cresce da anni, bloccato ai livelli di precrisi e sistematicamente dietro come crescita del PIL agli altri Paesi della UE (per non parlare delle altre potenze extraeuropee); 2) un debito pubblico, piombo nelle ali della crescita e dello sviluppo, cui nessun Governo, di nessun colore, ha mai neppure tentato di metter mano (anzi, il merito viene tutto misurato su quanto otteniamo di sforare dall’Europa); 3) un sistema della giustizia al collasso che è fonte di enormi iniquità e rappresenta un deterrente per qualsiasi investitore; 4) un’incapacità di decidere su temi chiave ormai cronica che ancora non attira certo imprenditori seri; 5) un generalizzato stato di degrado delle infrastrutture, così come la situazione del dissesto territoriale; 6) un mondo della scuola sempre meno competitivo, con sacche spaventose non solo di ignoranza quanto di poca voglia di sacrificio e applicazione allo studio; 7) un Meridione sempre più lontano, sempre più inefficiente, sempre più desolato e in preda alla criminalità.
Insomma, un Paese in cui il futuro dei nostri figli appare sempre più complicato e meno attrattivo. C’è stato per la verità un momento in cui è sembrato possibile un colpo d’ala, l’avvio di un processo radicale di riforme che affrontasse una benedetta volta questi temi chiave. Il 4 dicembre 2016 la maggioranza del Paese ha detto, semplicemente, che non era il caso. Troppa fatica.
Da quel momento si sono alternati sulla ribalta della scena politica dapprima i cinquestelle, che dell’inconsapevolezza dei temi veri sul tappeto hanno fatto la cifra distintiva. Poi è impetuosamente salito al proscenio Salvini il quale ha letteralmente costruito un Paese a suo uso elettorale ingigantendo e imponendo in agenda temi del tutto secondari. E il mondo della politica e dell’informazione a dibattere e accapigliarsi per mesi se era più bravo Salvini o Minniti, sulla legittima difesa, sul fascismo, sulle discutibili esternazioni del Capitano e facezie simili. Dei temi di cui sopra, dei temi importanti… nulla di nulla. Le rare volte che si riusciva a entrare nel merito di temi economici era chiaro che riformismo per la Lega significava flat tax, sfondamento incontrollato del deficit, a giorni alterni pure l’uscita dall’euro e condoni fiscali a iosa, con vari nomi.
Il PD, per lungo tempo in fase di stallo per le lotte interne, liberatosi di Renzi e di Calenda, si è asserragliato nella sua comfort zone, ai messaggi rassicuranti per i duri e puri… attenzione ai poveri, alla dignità degli ultimi, temi etici, uso smodato di aggettivi come inclusivo, plurale e, non ultimo, l’identificazione di un Nemico senza se e senza ma: oggi Salvini come ieri Berlusconi. Insomma, viva il politically correct ma, per l’afflato riformista riformista rivolgersi altrove: anche per il PD i temi di cui sopra non sono all’ordine del giorno. Gli unici partiti che avrebbe ontologicamente quest’afflato sono, stando ai sondaggi, a livelli di consenso irrilevanti.
Insomma un panorama sconsolante. Nella metafora del Titanic, in plancia di comando si alternano o coesistono battibeccando tra loro vari Comandanti e alti ufficiali che discettano del servizio dei piatti o del menù in Prima Classe per la cena di stasera. E l’acqua continua ad allagare nella stiva…
Poi, nell’espace d’un matin, sono arrivate le sardine. Giovani, spontanei (forse), creativi, molto contagiosi (le piazze le hanno riempite davvero), con il (grosso) peccato originale di nascere con la sola ragione esistenziale di essere “contro”. Contro Salvini, nella fattispecie, e contro la prospettiva che la Lega si porti a casa anche la Presidenza dell’Emilia Romagna alle prossime imminenti elezioni regionali. Intendiamoci: se devo proprio essere contro qualcosa, Salvini va benissimo però un po’ poco come base identitarie e programmatica.
Visto che la cosa funzionava, visto che i simpatici pesciolini hanno mietuto con stupefacente rapidità successi in tutte le piazze d’Italia, l’appetito vien mangiando e voilà, presto detto il primo meeting nazionale del movimento nella Capitale, nella mitica Piazza S. Giovanni, In quella sede le sardine, ecco l’importante salto di qualità, hanno voluto superare il soffocante limite della monotematica antisalvinista e hanno elencato i sei punti programmatici del movimento.
Confesso che avevo discrete aspettative. Sono giovani, capaci di mobilitazione – ho pensato – adesso ci sarà un j’accuse a questa politica imbelle, che sta pregiudicando il futuro ai giovani, ci saranno prese di posizione concrete, che so, rivendicazioni sulle politiche di inserimento nel mondo del lavoro, sulle sperequazioni del sistema pensionistico, sul debito pubblico che sono gravami che irresponsabilmente stiamo creando per i nostri figli e nipoti, sull’ambiente, sul diritto a vivere in un Paese dinamico e ricco di opportunità, giusto con i giusti e severo con i disonesti, ove vi sia certezza del diritto..
Beh, dai non esageriamo, non pretendo tutte queste cose, basta qualcuna di queste.. basta una di queste, magari mezza..?
Ecco invece i 6 titanici punti programmatici annunciati dal telegenico rappresentante, tale Mattia Sartori, in Piazza S. Giovanni
- Pretendiamo che chi è stato eletto vada nelle sedi istituzionali a lavorare.
- Pretendiamo che chiunque ricopra la carica di ministro comunichi solamente nei canali istituzionali.
- Pretendiamo trasparenza dell’uso che la politica fa dei social network.
- Pretendiamo che il mondo dell’informazione traduca tutto questo nostro sforzo in messaggi fedeli ai fatti.
- Pretendiamo che la violenza venga esclusa dai toni della politica in ogni sua forma. La violenza verbale venga equiparata a quella fisica.
- Chiediamo che il decreto sicurezza venga abrogato.
A parte la richiesta n° 6, unica che almeno abbia un contenuto politico, gli altri 5 punti sono drammaticamente inconsistenti, il vuoto pneumatico. Queste sono le priorità? Questo è ciò che preoccupa la nostra gioventù?
La metafora del Titanic termina dunque miseramente… quando l’acqua ormai è a livelli di guardia, un manipolo di prodi passeggeri di terza classe si ribella, conquista la plancia di comando, depone gli inetti che solo si preoccupavano della cena e.. stila il programma musicale che pretende che l’orchestra suoni questa sera…
E allora questo Paese merita davvero di naufragare..
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