Cinquestelle allo sbando. Dopo l’idea, disastrosa, di far votare gli iscritti sulle possibili alleanze per le regionali, di fatto dando al voto regionale una valenza politica e nazionale, il movimento sta cercando di correre ai ripari per non avere ripercussioni sull’alleanza di governo. È sceso in campo lo stesso fondatore che ha commissariato Di Maio, nella speranza di fermare la diaspora interna. Il tentativo di Grillo poggia su due presupposti: puntellare Di Maio, per non aprire una guerra alla successione che potrebbe sancire la fine del movimento, e ribadire l’alleanza con il PD che dovrebbe trasformarsi in un vero e proprio patto strategico per dare un ancoraggio politico al Movimento. Su questo il fondatore è stato chiaro “Quando parlo di progetti insieme con la sinistra, parlo di progetti alti. Ci vuole un po’ di coraggio”. E chiosa “Non siamo più quelli di dieci anni fa”. La svolta, perché di svolta si tratta, basti ricordare quello che i grillini dicevano del PD fino a poco tempo fa, sta già creando più di un mal di pancia all’interno del Movimento. In molti restano sconcertati da questo totale cambio di strategia ma, con ogni probabilità, la maggioranza dei grillini finirà per ingollare anche questo ennesimo rospo. Quello che invece lascia sconcertati è la risposta che ha dato Zingaretti alla nuova apertura di Grillo. Una risposta sostanzialmente positiva “Bene l’impegno M5S per il rilancio del governo. Chiudiamo la manovra e lavoriamo a una nuova agenda per il 2020”.
Tradotto dal politichese significa che stiamo assistendo alla stesura, subito dopo le feste natalizie e prima delle elezioni regionali di Emilia-Romagna e Calabria, di un patto politico-programmatico fra Democratici e grillini, un patto che potrebbe superare anche il voto del sacro blog sulle liste autonome alle elezioni regionali. Si tratterebbe insomma di dar vita ad un’alleanza stabile e duratura che, nelle intenzioni dei contraenti, sarebbe l’unico modo per contrastare l’avanzata di Lega e centro destra. Tentativo, a nostro giudizio, destinato al fallimento soprattutto per due ragioni. La prima è di ordine generale e si verifica purtroppo in tutte le democrazie, ultimo caso nell’America di Trump. Quando un polo si radicalizza, negli esempi fatti a destra, l’altro polo, invece di dare una risposta diversa alle ragioni che hanno portato a quella radicalizzazione, reagisce radicalizzandosi a sua volta sul versante opposto. E così facendo finisce per portare acqua al mulino degli avversari. Seconda ragione. Nel PD di Zingaretti e nella maggioranza di governo ci sono partiti e componenti che si richiamano esplicitamente ai temi e alle politiche che sono state al centro della stagione di Renzi. Come potranno questi uomini e queste forze continuare a sostenere una coalizione che inevitabilmente risulterà del tutto sbilanciata sul fronte del populismo e della demagogia grillina?
I 5Stelle sono orami un soggetto politico che ha perso tutta la sua spinta propulsiva. Potrà anche continuare ad esistere ma sarà sempre più marginale e del tutto ininfluente. L’abbraccio di Grillo invece sarà mortale per il PD. Soffocherà la sua anima liberaldemocratica e riformista e spingerà il partito a ricompattarsi con tutte le frange che ora sono alla sua sinistra. Sulla strada di Corbyn non c’è futuro.
Luciano Martelli
Dalla peste rossa al patto d’acciaio
Ma chi ci crede più a meno che non debba difendere la cadrega?