È una definizione celebre con cui i nostri cugini d’oltralpe amano definirci. E racchiude nella sua sintesi e nella sua esclamazione un po’ tutto: il nostro chiasso e la nostra fantasia, il nostro genio e la nostra imprevedibilità. Sono sicuro che sia risuonata anche la settimana scorsa nelle sale sfarzose del ministero dell’economia francese, quando dopo il tentato e fallito matrimonio con Renault, il nostro più prestigioso marchio automobilistico (FCA ex FIAT) ha deciso di convolare a nozze con il loro più blasonato marchio Pegeout.
Ma chi “porterà i pantaloni” in questo matrimonio?
Difficile dirlo, di sicuro sarà un ménage conveniente per entrambi, ma con molte insidie future. Nasce il 4° gruppo mondiale, 9 milioni di auto prodotte all’anno, quotato a New York, Milano e Parigi. Sinergie stimate annue per 3,7 miliardi di euro e fusione definita “paritetica”. Ma non ho mai visto un francese e un italiano non rivendicare un legittimo primato quando poi stanno insieme. E qui possono nascere i problemi. Primo perché nell’azionariato di Pegeout è molto presente lo Stato Francese (12,2%), mentre in FCA è la famiglia Agnelli/Elkann a farla da padrone con il 28,7%, secondo perché se in FCA l’azionariato è stabile, in Pegeout c’è un azionista cinese (Dongfeng con il 12,2%) che potrebbe monetizzare il suo investimento e sparigliare le carte. Le carte di cose? Beh, dei posti in CDA ad esempio, che oggi vedono prevalere la compagine francese (6 i franco-cinesi rispetto a 5 degli italo-americani): del resto il prezzo per ora pagato per la fusione è stato tutto a favore dei soci italiani, che si troveranno ben 5,5 miliardi di euro dividendi extra, la capitalizzazione di FCA schizzata di 7 miliardi di euro e diventano i primi soci privati nel nuovo gruppo. Il matrimonio nasce allora sotto una buona stella? Ce lo auguriamo tutti, l’ultima volta che ci siamo trovati con i francesi a contare le stelle era 13 anni fa, sotto il cielo di Berlino. Noi ne contammo 4, i francesi solo 2… Ah, Les Italiens!..
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