“Storia diversa per gente normale / storia comune per gente speciale / cos’altro vi serve da queste vite ora che il cielo al centro le ha colpite / ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.” (Fabrizio De André)
“A come anche la storia sia passata fra quei muri” (Francesco Guccini).
Il sentire comune, e ne abbiamo parlato più volte qui, è che le città vivano solamente nei grandi monumenti, facilmente riconoscibili anche… in cartolina oltre che dal vivo!
Ci sono, o forse c’erano, mappe del mondo con ogni città identificata da un monumento, con banali stereotipi: Roma = Colosseo; Milano = Duomo; Pisa = Torre; Firenze = Campanile di Giotto; Livorno = Quattro Mori; Parigi = Torre Eiffel…
Naturalmente nella realtà non è così: anche la città più “banale” ha punti di interesse unici e preziosi. Oppure anche no, non tutto è oro, sempre.
In ogni caso focalizzarsi solo su un luogo, un monumento non è utile.
Piazza dei Miracoli a Pisa ogni anno è frequentata da oltre tre milioni di visitatori; il percorso delle Mura, aperto nel 2018, di grande interesse perché davvero fa vedere un’altra Pisa, in un anno ha visto 100.000 visitatori, che non sono pochi (era prevista questa soglia dopo il terzo anno), ma certo rispetto alla Torre sono una goccia.
Di fatto ogni angolo di città racconta una storia, a essere curiosi e attenti.
A Livorno c’è una piccola strada, vicina alla Rotonda dell’Ardenza, non lontana neppure dall’Accademia Navale.
È una via tranquilla, appartata, si capisce bene come una volta fosse una stradicciola di campagna, ma allo stesso tempo vicina al mare.
C’è molto verde, qualche villetta con grandi giardini, qualche abitazione moderna, in un’urbanizzazione che parte dai primi dell’Ottocento, che si innesta e espande sul grande (e interessante) complesso dei Casini dell’Ardenza, un vero falansterio, una testimonianza urbanistica eccezionale (e magari ne parlo una volta).
La via in effetti si chiama via del Parco ed è in questo senso ragionevole, vedendo anche la conformazione del territorio, che si innesti, come sviluppo addirittura sull’ex parco dei Casini o ci passasse vicino.
In fondo alla strada, con le spalle al mare, prima che la via faccia un angolo retto, a destra c’è una villa a due piani, lunga ma non grande, con sulla facciata un lungo balcone che prende tre finestre. Rispetto ad altre architetture della strada la noti passando ma non le dai troppo peso. Villetta onesta ma alla fine banale.
A guardare bene sulla facciata, passando a piedi, vicino al portone, una targa in marmo un po’ consunta, ci dice il nome della villa: “Villa Francesca”.
Chissà, chi sarà stata Francesca alla quale l’abitazione è dedicata? La proprietaria? Una nobildonna? Una principessa? Una colta turista inglese di passaggio da Livorno?
Beh, possibile tutto, certo.
“Storia comune per gente speciale…” ci ricorda De André… certo…
Francesca sono riuscito a sapere che era la mamma di Manlio, che negli anni Ottanta dell’Ottocento fu uno dei primi allievi dell’Accademia Navale di Livorno, inaugurata il 6 novembre 1881.
Francesca per seguire il figlio viene dalla Sardegna proprio a Livorno, insieme all’altra figlia Clelia e si stabilisce nella villa di via del Parco che ha ora il suo nome, acquistandola.
Il marito purtroppo, vecchio e un po’ acciaccato, era morto nel 1882, in Sardegna, non prima di darle l’idea di acquistare una casa a Livorno per quel figlio che voleva a tutti i costi diventare un soldato di mare, già fiero nelle foto di bambino con la famiglia che ho potuto vedere.
Francesca era dunque una mamma e una vedova.
Una storia normale, no? Un giovane sardo, 15 anni nel 1888, vuol seguire i corsi dell’Accademia, viene a Livorno, si porta dietro madre e sorella di poco più di venti anni che lo “controllano”, anzi accudiscono con amore, essendo tutta la sua famiglia.
Una storia normale…
Ma sappiamo i cognomi di questa famiglia in trasferta?
Beh, sì… certo.
Francesca faceva Armosino e per ironia della sorte era nata (nel 1848) nel comune piemontese di Antignano (da non confondere con l’omonima località balneare a pochi chilometri dalla villa).
Manlio e la sorella Clelia avevano potuto prendere il cognome del padre solo nel 1880, perché lui era stato già sposato in passato, addirittura con due donne, Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva, che Giuseppe chiamava Anita, e Giuseppina Raimondi.
Il cognome che hanno ora i ragazzi è Garibaldi, dato che il vecchio padre si chiamava appunto Giuseppe Garibaldi.
“Storia diversa per gente normale / storia comune per gente speciale…”
“Villa Francesca” di via del Parco a Livorno è quella dove Francesca Garibaldi Armosino ha vissuto con la figlia Clelia quando Manlio era cadetto dall’Accademia Navale.
La villa prima era nota come villa Donokoe: la proprietà passò a Manlio nel 1894. Ragazzo sfortunato, che muore di tubercolosi a 26 anni, nel 1900 a Bordighera.
La villa arriva poi al fratellastro Ricciotti, figlio di Anita e infine a Clelia, fino agli anni Cinquanta (muore nel 1959).
Non so chi ci abiti adesso, ma la targa “Villa Francesca” ci racconta tutte le storie che sono rimaste intrappolate dentro, a saperle leggere e immaginare voglio dire.
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