Guardate il titolo di questo discorso: “Banche, credito e fluttuazioni economich” è una sintesi degli argomenti di cui parlerò.
La mia tesi di fondo, che si ritrova in molte delle mie ricerche, è che i mercati bancari e del credito possono essere sottoposti a stress. Spiegherò con estrema precisione cosa intendo per stress che porta ad un aumento del costo dei prestiti e ad una ridotta disponibilità di credito. Ora la cosa importante è che questo stress del mercato del credito può avere effetti molto importanti nella sfera della macroeconomia. E per questo oggi illustrerò due casi di studio: il primo è la Grande Depressione degli anni ’30. E il secondo è la crisi finanziaria globale del 2007-2009. Ma se ci sarà tempo, parlerò un po’ di come queste idee siano entrate nella teoria macroeconomica standard sui normali cicli economici e nella normale politica monetaria. Quindi è stato qualcosa che ha influenzato l’analisi standard sia delle situazioni non di crisi così come di episodi quale la crisi finanziaria globale.
Ora, per parlare di cosa significhi avere un mercato del credito sotto stress, dobbiamo parlare della teoria economica del prestito. I mercati dei prestiti sono diversi, per dire, dai mercati delle mele perché in essi son presenti informazioni imperfette e informazioni asimmetriche, il che significa che una delle parti della transazione sa più dell’altra sul prodotto venduto. In questo caso, i mutuatari tendono a saperne di più rispetto ai prestatori sulla propria capacità finanziaria, i propri piani, i propri rischi, su cosa faranno con i soldi. Riuscite a immaginarvi se questo mercato fosse quello in cui, ad esempio, le banche offrissero prestiti al 5% per le piccole imprese e chiunque si presentasse allo sportello potesse prenderlo? Beh, funzionerebbe? Ovviamente no. Ci sarebbero persone che, pur sapendo di essere ad alto rischio, verrebbero a prendere prestiti: e questa si chiama selezione avversa. Oppure ci sarebbero persone che verrebbero a prendere prestiti per impiegarli per organizzare feste o per fare qualsiasi cosa diversa da quello che dovrebbero fare: e questo si chiama azzardo morale, se non hai una qualche sorta di controllo. Quindi hai bisogno di banche, o qualcosa di simile alle banche, e perché quello che fanno le banche è superare questi problemi di informazione facendo lo screening dei mutuatari. Devi compilare molti moduli per monitorarli, ponendo restrizioni su ciò che possono fare con i soldi e richiedendo garanzie.
Quindi la funzione delle banche è quello di superare i problemi di informazione che permeano i mercati dei prestiti. Ma tutto questo ha un costo. E il costo per concedere un prestito, ancora una volta, include tutti i costi che la banca sostiene per lo screening, il monitoraggio dei potenziali mutuatari.
Un concetto che userò durante la conferenza è il premio per la finanza esterna o EFP (External Finance Premium). Questo è, sostanzialmente, l’intero costo per concedere il prestito in aggiunta all’interesse, all’ordinario tasso di interesse che si pratica nell’economia. Pensatelo come quanto deve essere pagato alla banca perché conceda prestiti invece di detenere titoli sicuri. Ora, l’EFP, il premio finanziario esterno, è a carico del mutuatario perché il prestatore può sempre rivolgersi al mercato sicuro dei titoli del Tesoro. Quindi mutuatari diversi hanno EFP diversi. Ma come si vedrà, anche se una piccola impresa deve pagare un premio finanziario esterno più elevato, cioè deve pagare di più per ottenere un prestito rispetto a una grande impresa, gli EFP tendono ad muoversi nella stessa direzione quando l’economia si rafforza o si indebolisce. E questo sarà un concetto importante quando esamineremo gli effetti nella sfera della macroeconomia.
Ora, è importante anche riconoscere che parliamo sì di mutuatari, mutuatari ipotecari, mutuatari costituiti da piccole imprese, ma anche che le banche stesse sono mutuatarie. Devono ottenere i fondi di cui hanno bisogno per prestare ai mutuatari finali. E per ragioni che verranno discusse dai miei co-vincitori, Diamond & Dybvig, tendono a prendere in prestito a breve termine, depositi o altri tipi di moneta a breve termine, che è preziosa per i clienti perché è facilmente convertibile in contanti quando è necessario e fornisce un mezzo di transazione per comprare e vendere. Quindi le banche tendono a fare affidamento in gran parte sui finanziamenti a breve termine, ma questo le rende vulnerabili alle corse agli sportelli. George Bailey, nel film “La vita è meravigliosa” vede la sua Cooperativa di risparmi e mutui andare sotto pressione perché le persone hanno perso la fiducia nel suo istituo e ritirano i loro soldi portandolo al fallimento.
Ora, il panico è una preoccupazione reale. Quando ci sono tanto panico o corse agli sportelli, le banche diventano molto caute. Smettono di prestare a mutuatari rischiosi perché vogliono preservare la fiducia di cui godono. E questo è chiamato il “volo verso la qualità”. Invece, investono in titoli molto sicuri come i buoni del tesoro. Il problema è cosa succede, se le banche smettono di concedere prestiti al settore privato, di tutte le competenze che hanno sviluppato, delle informazioni accumulate, delle relazioni e così via, degli addetti ai prestiti, dei contabili che elaborano le informazioni necessarie per concedere prestiti, tutte queste competenze e risosrse diventano sostanzialmente uno spreco perché non vengono concessi prestiti al settore privato.
Ora, una conclusione importante da trarre è che, sia per i mutuatari che per i prestatori, il premio per la finanza esterna dipende molto da quanto sono ricchi, da quanto stanno bene entrambe le parti della transazione. Quando i mutuatari hanno un patrimonio netto elevato, sono essenzialmente partner della banca nel loro investimento. Il mutuatario della banca deve sostenere la maggior parte delle eventuali perdite che si verificano, crea un cuscinetto finanziario per la banca e offre gli incentivi appropriati al mutuatario perché, se è il proprietario di una frazione molto ampia della propria casa o della propria piccola impresa, allora il suo sforzo per rendere l’attività più redditizia darà loro profitti aggiuntivi così come per la banca, che possiede in sostanza l’altra metà o altra frazione. Allo stesso modo, quando i prestatori sono stanno bene, quando le banche hanno molto capitale o liquidità per assorbire le perdite, allora i loro finanziatori saranno molto più fiduciosi che la banca non fallirà, e quindi la banca non dovrà preoccuparsi così tanto delle corse allo sportello o del panico. Quindi, ancora una volta, il premio finanziario esterno dipende dal patrimonio netto sia dei mutuatari che dei prestatori.
Ovviamente questo si riflette sullo stato dell’economia. Se il premio per la finanza esterna è molto alto, cioè è molto costoso concedere prestiti al settore privato, si ha quello che intendo per mercato del credito stressato, un premio per la finanza esterna elevato. Quando questo si verifica, allora gli standard di credito diventano rigidi, i prestiti diventano scarsi, il credito non è disponibile, e questo ovviamente rallenterà l’economia. Nella direzione opposta, se l’economia è debole per qualsiasi motivo, ad esempio uno shock del prezzo del petrolio o qualcos’altro che colpisce lo stato di salute finanziaria del patrimonio netto sia dei prestatori che dei mutuatari, questo rende più difficile concedere prestiti. E così, in base alla stessa relazione, il premio per la finanza esterna è influenzato dall’economia, l’economia influisce sul premio per la finanza esterna.
Ora vi illustro un tentativo di misurare il premio finanziario esterno, come è illustrato in un articolo di Simon Gilchrist e Egon Zakrajše (”Credit Spreads and Business Cycle Fluctuation”, American Economic Review 2012, 102(4): 1692–1720). Gli autori hanno guardato fondamentalmente alla differenza tra il rendimento delle obbligazioni societarie, misurato conprecisione, e titoli del Tesoro, titoli del Tesoro sicuri, con la stessa scadenza. E presentano questa serie che risale indietro fino agli anni ’70.
Quindi il differenziale più alto è un proxy per il Premio finanziario esterno. Quando quel valore è alto, ciò dimostra che i mercati del credito sono sottoposti a un tremendo stress. Le barre azzurre si riferiscono a periodi di recessione. Si possono trarre due conclusioni, la prima è che il Premio per la finanza esterna tende a salire durante le recessioni in generale, la seconda è che questo Premio è diventato più volatile nel tempo, in parte perché i mutuatari sono diventati più differenziati.
Abbiamo più mutuatari con rating basso così come mutuatari blue-chip più alti. Ma notate come il premio per la finanza esterna risponde alle crisi. Dopo il 2000, nella recessione che seguì il crollo delle dot com, si assiste a un aumento del Premio finanziario esterno. E poi, dopo la recessione, è aumentato quando Enron, WorldCom e altre società sono finite sotto pressione a causa delle attività fraudolente che stavano svolgendo. Ora, se volete vedere un Premio per la finanza esterna davvero elevato, date un’occhiata alla crisi finanziaria globale del 2007 e del 2009. Questo illustra fondamentalmente come i mercati del credito si fossero chiusi completamente durante questo periodo. E poi un altro momento, se si guarda all’ultima brevissima recessione che ha avuto inizio con la pandemia, si vede un forte picco intorno a marzo 2020, cioè un’altra crisi finanziaria che la Fed ha risolto abbastanza rapidamente.
Ora consentitemi di illustrare il primo caso di studio, che è la Grande Depressione.
Negli ultimi 25 anni, molti studi hanno suggerito che la Grande Depressione negli anni ’30, un evento dalle enormi conseguenze, fu causata in gran parte da un malfunzionamento del gold standard.
Antecedentemente alla Prima guerra mondiale, la maggior parte dei paesi legava le proprie valute all’oro e ciò manteneva fissi i tassi di cambio e promuoveva il commercio, etc. Il gold standard fu sospeso durante la guerra. Dopo la guerra, si cercò di ricostruire il sistema del gold standard. Ma per vari motivi, che mi porterebbero troppo lontano, c’erano dei difetti strutturali nel nuovo gold standard. Inoltre, poiché c’era molta ostilità residua tra Francia e Germania, ad esempio, dopo la guerra i paesi non collaborarono per far funzionare il gold standard. E così il gold standard crollò tra la fine degli anni ’20 e l’inizio degli anni ’30, facendo crollare la massa monetaria in tutto il mondo. E questo a sua volta fece scendere i prezzi. Se ogggi abbiamo l’inflazione, negli anni ’30 c’era la deflazione, i prezzi stavano diminuendo e questo prova che il gold standard era importante. Io stesso ho lavorato su questa vicenda. Sono stato molto interessato alla depressione per molto tempo. Ma una prova molto semplice è che i paesi che, per qualsiasi motivo, hanno lasciato il gold standard relativamente prima, come la Gran Bretagna, il Giappone e i paesi scandinavi, si sono ripresi dalla depressione molto più rapidamente di quelli che sono rimasti legati al gold standard fino alla fine degli anni ’30, come Francia e Svizzera. Quindi questa, ancora una volta, è diventata un’idea centrale nella spiegazione della depressione, ma ci sono ancora problemi e domande a cui rispondere. Qual era il meccanismo? Perché le deflazioni hanno portato a forti diminuzioni della produzione? Perché la ripresa è stata così lenta negli Stati Uniti e in altri paesi? Bene, la mia opinione è che lo stress del mercato del credito, insieme al gold standard, è stata una causa molto importante della depressione. Negli anni ’30 c’era sicuramente molto stress sul mercato del credito. Negli Stati Uniti avevamo, in quel momento, qualcosa come 25.000 banche. Avevamo un numero molto elevato di banche molto piccole, assieme ad alcune grandi. Circa il 40% di quelle banche scomparve tra il 1929 e il 1933. Perché scomparvero?
Fallirono, chiusero o furono assorbite da altre banche. E questo è successo perché ci sono state massicce corse agli sportelli, perché le persone avevano perso la fiducia nelle banche e ritirarono i loro soldi. E questo comportò che le banche, quelle che erano state chiuse, non potessero concedere prestiti, ovviamente, e quelle che erano sopravvissute erano diventate estremamente caute, molto riluttanti a concedere prestiti all’economia. Allo stesso modo, dal lato del debitore, c’era una massiccia insolvenza e inadempienza. E su questo, sparo i miei due primi colpi.
Il primo è un sondaggio del 1933, che aveva esaminato 22 città mostrando tassi di insolvenza ipotecaria che andavano dal 21% al 62% dei proprietari di case in ritardo con i pagamenti.
In secondo luogo, nel 1933 circa la metà di tutto il debito ipotecario agricolo risultava insolvente. Quindi questo era qualcosa di molto peggio di quello che abbiamo visto dopo la crisi finanziaria globale. I mutuatari privati erano in pessime condizioni e impossibilitati a ripagare i prestiti contratti.
E le indagini presso le banche hanno mostrato che ciò che stavano cercando di fare non era concedere prestiti, ma piuttosto liquidare i prestiti esistenti, rientrare e rifiutarsi di concedere nuovi prestiti se non ai mutuatari molto, molto più sicuri, ma che ovviamente non erano tanti.
Quindi, tra ciò che stava accadendo alle banche, le corse agli sportelli, e ciò che stava accadendo ai mutuatari, il mercato del credito si stava sostanzialmente chiudendo.
Ora, questo aiuta a spiegare molti fatti interessanti sulla Grande Depressione. Non esaminerò tutti questi fatti, ma lasciatemi parlare rapidamente degli ultimi quattro. In primo luogo, negli Stati Uniti, tra il 1931 e il ’33 ci fu un calo dei prezzi del 30%. Perché è stato così dannoso? Bene, uno dei motivi è stato l’effetto sui mutuatari. Supponiamo che tu sia un agricoltore, devi pagare una certa somma ogni mese per il tuo mutuo e i prezzi dei prodotti che coltivi, i prezzi delle materie prime, stanno diminuendo del 30%, 40%, 50%, 60%, come farai per far fronte ai pagamenti? Andrai in default. Quindi il calo dei prezzi ha avuto i suoi effetti sull’economia mettendo molti, molti mutuatari in pessime situazioni.
Una forte ripresa iniziò nel 1933 quando Franklin Roosevelt divenne presidente. Secondo me, Roosevelt ha fatto esattamente due cose che hanno migliorato l’economia.
Tutti i programmi, tutta la Works Project Administration erano pannicelli caldi: ciò che è stato importante è stato, in primo luogo, aver indebolito o eliminato il rapporto tra il dollaro e l’oro, è uscito dal gold standard, questo è stato molto importante. Ma l’altra cosa che ha fatto è stata stabilizzare il sistema bancario. Poco dopo essere diventato presidente, ha deciso una “bank holiday” per le banche e tutte le banche hanno dovuto chiudere, e ha promesso agli americani che non avrebbero riaperto fino a quando il governo non le avesse ispezionate e fosse sicuro che fossero in buone condizioni. E successivamente il Congresso approvò l’assicurazione sui depositi, in modo che ai piccoli depositanti fosse garantito che, anche in caso di fallimento della loro banca, il governo li avrebbe rimborsati. E questo portò istantaneamente a una stabilizzazione del sistema bancario. E, ovviamente, quando il sistema bancario riprese a funzionare, contribuì a portare alla ripresa.
Ora, anche dopo aver abbandonato l’oro nel 1933, la ripresa fu molto lenta. Quando gli Stati Uniti entrarono nella Seconda guerra mondiale alla fine del 1941, il tasso di disoccupazione nel paese era ancora del 15%, molto alto. Quindi è stata una ripresa molto lenta, perché? Bene, direi che da un lato le banche, anche se non stavano più fallendo, erano ancora molto, molto caute, e i mutuatari erano ancora in pessime condizioni finanziarie, ci è voluto molto tempo prima che risolvessero i loro problemi di debito. E per questo motivo, il credito è stato limitato e ciò ha impedito all’economia di riprendersi più rapidamente. E infine, in un altro lavoro che ho fatto con uno storico a Princeton di nome Harold James, abbiamo esaminato 24 paesi diversi e confrontato la gravità delle loro crisi bancarie. E abbiamo trovato prove che, a parità di condizioni, i paesi in cui il sistema bancario è rimasto stabile, e che includevano Svezia, Giappone, Paesi Bassi, hanno fatto meglio dei paesi in cui si sono verificate gravi crisi bancarie come Germania, Austria e Stati Uniti. Così chiaramente, in tutti i paesi, c’erano prove che il collasso del sistema bancario fosse una causa della Depressione.
Secondo caso di studio, la Grande Recessione del 2007-2009.
La mia tesi è stata che, a differenza della Grande Depressione che era il risultato di due forze principali, il gold standard e la crisi finanziaria o il crollo dei mercati del credit, il crollo dei mercati del credito è stato fondamentalmente la causa principale della recessione del 2007-2009 e della lentissima ripresa che ne è seguita.
Ora, ci sono stati dei cambiamenti nel sistema finanziario tra il 1929 e il 2007. Negli Stati Uniti sono cresciuti moltissimi istituti finanziari che non erano ufficialmente banche — società di mutui su ipoteca, società di credito al consumo, banche di investimento, fondi comuni di investimento del mercato monetario, cartolarizzazioni, veicoli fuori bilancio. Potrei andare avanti per un po’. Sono state create tutte queste società o veicoli che prestavano o detenevano titoli di credito, ma non erano banche. E il fatto che non fossero banche significava che non erano ammissibili all’assicurazione dei depositi. Tuttavia, si finanziavano ancora utilizzando finanziamenti a breve termine, il che significava che erano potenzialmente vulnerabili dalle corse agli sportelli. Tutti conoscono i mutui subprime e quanto sono stati disastrosi, ma perché sono stati così disastrosi? Una delle cose che ci ha confuso alla Federal Reserve è stata che i mutui subprime non erano una grandevoce degli attivi. Un membro del nostro staff ha calcolato che, se tutti i mutui subprime del mondo si azzerassero in un giorno, sarebbe come una brutta giornata in borsa. Sarebbe quasi niente. Il motivo per cui i mutui subprime erano così dannosi era perché erano sparsi, essenzialmente, in tutto il sistema finanziario. Erano detenuti nei portafogli di banche e banche ombra. C’erano molti strumenti derivati legati ai mutui subprime. C’erano cartolarizzazioni che includevano mutui subprime e così via. E quello che è successo è stato che gli investitori, in particolare nelle banche ombra, ma anche nelle banche commerciali autorizzate, sono diventati molto timorosi che la loro particolare istituzione fosse molto esposta ai subprime e ad altri mutui inesigibili. E quindi c’è stata una corsa agli sportelli continua, forse lenta in alcuni casi, verso questo tipo di istituzioni finanziarie, che a sua volta le ha portae a scaricare i loro attivi in questi titoli sul mercato perché non avevano i soldi per fare quei prestiti, il che ha portato a quella che si chiama svendita.
Quindi la liquidazione dei crediti, sotto l’incalzare dell’emergenza, ha davvero abbattuto il prezzo degli strumenti di credito, aumentato i tassi di interesse sul credito e portato non solo le banche ombra, ma anche molte delle principali banche commerciali in Europa così come negli Stati Uniti, quasi sull’orlo dell’insolvenza. Ora i mutuatari hanno subito un forte stress durante la crisi finanziaria globale. Negli Stati Uniti c’è stata una bolla immobiliare. Quando è scoppiata la bolla immobiliare, molti titolari di mutui o proprietari di case erano “sott’acqua”, cioè il valore del loro mutuo era superiore al prezzo della loro casa.
Negli Stati Uniti, quando questo succede, puoi andare in banca e dire: “Ecco la chiave, me ne vado”. Non devi pagare la parte restante. E questo è successo in tanti casi. I tassi di insolvenza sono aumentati bruscamente e le persone hanno smesso di spendere, la spesa dei consumatori è diminuita. C’era anche molta insolvenza tra le imprese, ma sono state soprattutto le piccole imprese ad essere duramente colpite perché non potevano ottenere credito. Ma anche aziende molto grandi hanno avuto difficoltà. Ricorderete che il governo degli Stati Uniti ha dovuto salvare la General Motors e la Chrysler perché stavano per fallire. Così come nella Grande Depressione, lo stress dei mercati del credito ha portato alla recessione, la recessione molto grave del 2007-2009 e la seguente lenta ripresa. Ora, non c’è una ragione particolare per cui, da un lato, la parte dei prestatori o quella dei mutuatari dovrebbe essere la più importante. Ma direi che in questo particolare episodio, il 2007-2009, la crisi finanziaria globale, è stato il panico finanziario a portare i mercati finanziari e le istituzioni finanziarie sull’orlo del fallimento il fattore più importante che spiega perché la recessione è stata così dura.
In particolare, dopo il crollo di Lehman Brothers nel settembre del 2008, c’è stata di fatto una chiusura completa dei finanziamenti da parte dei nostri istituti finanziari, e questo ha avuto, ovviamente, effetti molto, molto negativi sull’economia.
Un po’di prove? Le trovate qui da un articolo che ho scritto nel 2018 alla Brookings Institution (“The Real Effects of Disrupted Credit Evidence from the Global Financial Crisis Ben S. Bernanke 1 September 2018)
La linea nera mostra il percorso effettivo del PIL degli Stati Uniti, il PIL reale, la barra grigia è la recessione, dalla quale puoi vedere il calo del PIL durante la recessione. La linea blu, che io chiamo indicatore di panico, è essenzialmente la previsione della produzione che si ottiene quando si utilizzano variabili relative al panico finanziario, quello che stava colpendo i creditori, come il costo dei fondi per le banche, per esempio, o il prezzo delle cartolarizzazioni di crediti. E potete vedere da questo che gli indicatori di panico, cioè gli indicatori di stress nei prestator, consentivano in effetti previsioni molto avanzate circa l’andamento del PIL. Invece, quelli che io chiamo gli indicatori di insolvenza, che misurano quale percentuale i mutuatari non sono riusciti a rimborsare, sono correlati al PIL effettivo, ma sono molto più deboli. Non dico che questo sia un risultato generalizzabile, ma in questo particolare episodio è stata la crisi di Wall Street ad essere più importante dello stress, per quanto pericoloso e dannoso, sui consumatori e sui proprietari di casa. Quali sono le implicazioni che possiamo trarne? Bene, uno di questi è che quando il sistema finanziario sta crollando, negli anni ’30 fino a Roosevelt, e non si fa nulla al riguardo, si va avanti così all’infinito, si fanno crollare i mercati del credito. Una delle lezioni che penso abbiamo imparato dalla depressione è che non possiamo permettere che ciò accada, e la Federal Reserve e il Tesoro hanno lavorato molto duramente per fermare la crisi finanziaria e per ottenere di nuovo prestiti da parte delle istituzioni finanziarie.
Ma queste sono considerazioni che si fanno dopo che il fatto è successo, dopo che hai avuto la crisi. È meglio non avere la crisi in primo luogo. E come lo fai? Bene, penso che sia molto importante avere una regolamentazione finanziaria forte che garantisca che gli istituti finanziari sonono sani e sicuri, il che significa che hanno un capitale molto buono, che hanno portafogli sicuri, che non stanno assumendo rischi eccessivi e così via. E dovresti avere un approccio macroprudenziale, il che significa che dovresti guardare non solo alle singole istituzioni, ma pensare all’intero sistema e a come i problemi in una parte del sistema possono influenzare altre parti.
La mia sensazione è che a livello globale, dopo la crisi e la Grande Recessione, quella regolamentazione abbia fatto molti progressi, in particolare per le banche commerciali. Negli Stati Uniti, le banche commerciali detengono molto più capitale di quanto abbiano mai avuto. Sono più liquide. Eseguono stress test per assicurarsi di non detenere asset eccessivamente rischiosi.
La mia preoccupazione è che, invece, le banche ombra, che sono state la fonte originaria della crisi, abbiano subito sì qualche cambiamento normativo ma, secondo me, non abbastanza. E questo è, penso, un problema che è ancora lì. E l’abbiamo visto nel marzo del 2020, quando c’è stata una crisi finanziaria molto acuta ma di breve durata, che proveniva principalmente dalle banche ombra. Quindi penso che una lezione da trarre da tutta questa esperienza è che dobbiamo fare qualcosa per quell’area da regolare.
Parlerò ora un po’ di come questa ricerca sia entrata nella macroeconomia mainstream, di come sia diventata parte dell’ordinaria analisi del ciclo economico, una diapositiva per ciascuno due argomenti.
Il primo è che questi modelli di stress creditizio possono aiutare a spiegare perché le recessioni tendono a durare così a lungo. Anche se c’è uno shock istantaneo, una recessione tenderà a durare per un po’. E la ragione di ciò, direi, è che, quando c’è uno shock per l’economia, ancora una volta, per fare un esempio, una crisi energetica, che riduce il reddito e la ricchezza, che aumenta il premio finanziario esterno nell’economia, vale a dire, rende più difficile, i mercati del credito diventano meno efficienti, i mutuatari sono più stressati, le banche stanno diventando più prudenti, il che riduce la disponibilità di credito e che amplifica lo shock. Fa indebolire l’economia anche più a lungo dello shock iniziale.
E allo stesso modo nell’altra direzione, se c’è uno shock positivo per l’economia, questo fa stare meglio mutuatari e prestatori, riduce il Premio finanziario esterno e rende l’economia ancora più forte. Quindi i fattori di credito o lo stress nei mercati del credito tendono ad amplificare le recessioni ordinarie e le fasi ordinarie di espansione, un fenomeno che io ed i miei coautori, Mark Gertler e Simon Gilchrist, abbiamo denominato l’Acceleratore finanziario. Mark, Simon e io abbiamo creato un modello macroeconometrico che incorpora questi fattori e abbiamo scoperto che si poteva trovare una migliore corrispondenza con i dati, prevedere il comportamento effettivo dell’economia con un modello del genere.
Un secondo risultato raggiunto in relazione alla macroeconomia standard è valutare come la politica monetaria influisca sull’economia. La politica monetaria sembra essere piuttosto potente. Nei periodi in cui ha avuto effetti molto grandi, in particolare durante la contrazione dei canali del credito: e questo è un po’ sconcertante perché, ad esempio, gli studi sugli investimenti delle grandi aziende mostrano che non sono così reattivi ai tassi di interesse a breve termine.
Quindi cos’è che fa rallentare l’economia quando la Fed alza i tassi di interesse o la Riksbank alza i tassi di interesse? Bene, queste teorie ci hanno suggerito quel che abbiamo chiamato il Canale del credito della politica monetaria. E l’idea, ancora una volta, è che, se la Fed aumenta i tassi di interesse e rallenta l’economia, questo tenderà ad aumentare il Premio finanziario esterno peggiorando le condizioni di mutuatari e creditori, riducendo l’occupazione, riducendo i profitti e così via, e questo, a sua volta, influenzerà l’economia. Quindi questo è un canale attraverso il quale la politica monetaria può influenzare l’economia.
Questo è un altro punto in cui queste teorie sono state, credo, utili per comprendere la macroeconomia standard. Quindi sono giunto alla mia conclusione: molto di questo potrebbe suonare assai familiare ormai, ma 40 anni fa, quando avevo 29 anni e ho scritto l’articolo che è stato citato dalla Commissione per il Premio Nobel, è stata prestata pochissima attenzione all’instabilità finanziaria come fattore macroeconomico.
George Akerlof, vincitore del Nobel, ha scritto un saggio storico molto interessante sostenendo che le grandi scuole di pensiero, come la scuola di pensiero keynesiana, per esempio, non avevano dato posto all’instabilità finanziaria come uno dei fattori che influenzano l’economia. In particolare, e ve lo dico per esperienza personale, quando la crisi finanziaria ha colpito nel 2008, i modelli della Federal Reserve hanno costantemente sottovalutato l’impatto sull’economia, perché non erano preparati a tenere conto del reale effetto dei mercati del credito sottoposti a stress. Quindi ovviamente, per comprendere gli effetti delle crisi finanziarie sull’economia, dobbiamo capire queste relazioni. E come ho sostenuto, osservare le variazioni nell’efficacia dei mercati del credito può anche aiutarci a comprendere circostanze più normali.
In questo momento, la Fed sta inasprendo i tassi di interesse che presumibilmente stanno influenzando, rendendo i mercati del credito più stressati. Questo è uno dei motivi per cui la nostra economia negli Stati Uniti sta rallentando. Ora, l’ultimo punto che voglio sottolineare è che c’è un’implicazione politica da tutto questo, ovvero che dobbiamo evitare inutili deterioramenti nei mercati del credito.
Ciò comporta, prima di tutto, prima che la crisi avvenga, un monitoraggio e una regolamentazione efficace che renda il sistema finanziario più resistente agli shock. Io sono un grande fan della regolamentazione del sistema finanziario. Penso che sia molto diverso dalla regolamentazione di altri settori. È un settore molto particolare, richiede un particolare tipo di supervisione. Penso che sia molto importante avere un’adeguata supervisione per assicurarsi di ridurre al minimo il rischio di gravi guasti. E poi dall’altra parte, occasionalmente, si verificano sempre crisi finanziarie. Ci sono state crisi finanziarie sin dai tempi dei Romani.
Quindi accadono e quando accadono, dobbiamo avere buoni strumenti per affrontarli. Solo per fare un esempio, le riforme Dodd-Frank del 2010 includevano qualcosa chiamato un’autorità di liquidazione, che avrebbe consentito alla Fed, al Tesoro e alla FDIC di liquidare “in sicurezza” una società finanziaria in fallimento in un modo da non provocare un effetto tanto dannoso sul resto del sistema finanziario. Avere gli strumenti illustrati per combattere la crisi è altrettanto importante.
Queste sono alcune delle implicazioni colte dalla prospettiva dello stress e dei mercati del credito e come possa avere sia effetti importanti come la Grande Depressione o la Grande Recessione finanziaria globale, oppure effetti più moderati nei cicli economici ordinari
Grazie
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Ben Bernanke’s Nobel Prize Lecture, “Banking, Credit, and Economic Fluctuations” December 9, 2022Video available online https//www.nobelprize.org/prizes/economic-sciences/2022/bernanke/lecture/ Trascrizione https//www.brookings.edu/wp content/uploads/2022/12/20221212_Hutchins_BernankeLecture2.pdf
Testo rivisto in Ben S. Bernanke Nobel Lecture: Banking, Credit, and Economic Fluctuations American Economic Review vol. 113, no. 5, May 2023 (pp. 1143–69)
Copyright © The Nobel Foundation : il presente testo non può essere riprodotto senza autorizzazione da richiedere alla Nobel Foundation.
La traduzione del discorso è a cura e responsabilità esclusiva di Luciano Pallini e non è stata rivista ed approvata dal Dr. Bernard S. Bernanke che ha concesso il permesso per la pubblicazione.
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