Può essere utile riflettere sull’evoluzione (o, se si preferisce, l’involuzione) che ha caratterizzato nel tempo la Festa del 1° Maggio. Nata come momento di lotta per rivendicare migliori condizioni di lavoro e di vita, ha mantenuto a lungo questo carattere sia quando ne era proibita la celebrazione sia quando è stato possibile tenerla in libertà. Proprio in sintonia con le sue origini è sempre stata una festa internazionale che ha unito i lavoratori di tutto il mondo. Ed era una festa unitaria, nella quale venivano superate, sotto la copertura delle tre grandi confederazioni sindacali, le differenze tra lavoratori, comunisti, socialisti, cattolici, repubblicani. Questo carattere fortemente politico non impediva che, tenutisi al mattino i comizi dei sindacalisti – a Roma, in particolare, quello in Piazza San Giovanni – il pomeriggio si trasformasse in un momento di festa vera e propria, con scampagnate, gite fuori città, merende sull’erba con amici e compagni. Questo mondo non esiste più: la celebrazione del 1° maggio si è trasformata ed è diventata una festività come un’altra e i sindacati ne hanno preso atto mettendo all’centro del 1° Maggio a Roma un concerto di musica giovanile, senza riferimenti diretti al mondo del lavoro.
Quest’anno sembra che il concerto del 1° Maggio abbia subito un’altra trasformazione mescolando alla musica un intervento di carattere politico affidato al rapper Fedez. E’ stata una scelta non neutrale. La caratteristica del rap è di essere assertivo e, quindi, aggressivo e violento. Non a caso è usato dai movimenti afroamericani più estremisti. Dunque già nella scelta del cantante c’era il germe di ciò che è accaduto. Fedez ha completato l’opera con un intervento tutto centrato sui temi dell’omotransfobia seguito da un attacco alla RAI che avrebbe tentato di censurarlo.
Fedez è stato molto abile nel cercare, riuscendovi, di mettere al centro della discussione la vera o presunta censura che egli avrebbe subito, sapendo che tutti i media si sarebbero precipitati su questo punto. Ma il vero tema di riflessione è un altro: che il 1° Maggio si proponga come argomento centrale non le condizioni di lavoro ma i problemi di una minoranza come quella costituita dal mondo LGBT. Una minoranza che, sia chiaro, deve essere tutelata e protetta, come tutte le minoranze; ma non per questo è detto che debba necessariamente occupare il centro della scena in un giorno come il 1° Maggio, tanto più che alcuni incidenti mortali, avvenuti proprio nei giorni immediatamente successivi, hanno messo in evidenza come il tema della sicurezza sui luoghi di lavoro non sia ancora del tutto risolto, nonostante le norme che nel tempo sono state approvate in difesa dei lavoratori.
In realtà il caso Fedez mette in evidenza il progressivo spostamento dell’attenzione della sinistra italiana (e non solo) dai problemi sociali a problematiche di tipo diverso, da quelle costituite dall’orientamento sessuale a quelle della tutela dei migranti. La difesa delle minoranze è certamente un valore che appartiene alla storia della sinistra; ma non può far passare in secondo piano la tutela della maggioranza dei lavoratori italiani che, oggi come ieri, si trovano alle prese con le difficoltà di una disoccupazione cresciuta in maniera impressionante a causa del Covid-19, del persistente divario salariale rispetto ai Paesi più sviluppati, del raggiungimento di un’effettiva parità del lavoro femminile, della condizione giovanile sempre più precaria, del riproporsi, appunto, del problema della sicurezza sui luoghi di lavoro. Per non parlare dell’esistenza di sacche di miseria estrema derivanti da forme di povertà vecchie e nuove, da situazioni di emarginazione mai affrontate con decisione. C’è da augurarsi che il 1° maggio 2022 (ma anche prima) i sindacati vogliano tornare a mettere al centro delle loro manifestazioni queste realtà, lasciando che i Fedez cerchino altrove gli spazi dove coltivare la propria ricerca di popolarità.
(questo articolo con il permesso dell’autore è ripreso da La Voce Repubblicana del 10/05/2021)
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